IL VIAGGIO ASTRALE: IPOTESI, PENSIERI E MOTIVAZIONI.
Jun 19, 2014 14:47:23 GMT
Post by Kurtz Rommel on Jun 19, 2014 14:47:23 GMT
In questo articolo si parlerà di un argomento abbastanza malcompreso ed abusato, il cosiddetto “viaggio astrale”: pratica che molti appartenenti a gruppi pseudosatanisti da mille lire descrivono come un modo per raggiungere risultati assurdi, naturalmente mescolandolo come al solito a chakra, ufo e videogiochi.
A sentire loro sembrerebbe un modo sicuro, rapido e funzionante per “parlare con Satana” (sicuramente… non ha nulla di meglio da fare), coi “propri demoni guardiani” (versione alternativa dell’angelo custode, a quanto pare…), e con altre entità di ogni tipo (dai grigi ai rettiliani, senza dimenticare fantasmi e spiriti dei boschi) che, a quanto parrebbe, dovrebbero essere pronte ad ascoltare servizievolmente ed amorevolmente il “viaggiatore astrale” di turno, esaudendone anche i desideri più assurdi.
Partiamo dall’inizio, e cerchiamo di fare un minimo di chiarezza su questo argomento.
A quasi tutte le persone potrà essere capitato di vivere un sogno talmente realistico da sembrare reale, e di essere in qualche modo in grado di interagirvi. Ad alcune potrà essere successo di rendersi persino conto di essere in un sogno, ma di poterlo ugualmente in qualche modo influenzare.
Questa situazione viene definita dagli scienziati “sogno lucido”, o più generalmente “O.B.E.”, cioè “Out of Body Experience (esperienza fuori dal corpo)”, mentre tra gli esoteristi è definita “viaggio astrale”. Riuscire a creare questa condizione, in modo volontario e pilotato, è una delle pratiche più seguite dagli esoteristi, con lo scopo di indagare più in profondità i misteri relativi all’uomo ed all’universo.
Da dove deriva il termine “viaggio astrale”?
Sostanzialmente in ambito esoterico si ipotizza l’esistenza di una quinta dimensione, in aggiunta alle tre fisiche ed al tempo: questa, denominata “piano astrale”, sarebbe quindi l’habitat naturale della nostra parte più “sottile”, cioè spirituale, chiamata “corpo astrale”.
Secondo la teoria del viaggio astrale questo, durante il sonno, si distacca dal corpo fisico rimanendone comunque in qualche maniera connesso. Le esperienze vissute in tali condizioni, di conseguenza, non sono vincolate ai limiti delle quattro dimensioni spaziotemporali, potendo in teoria fornire risposte alle ricerche del “viaggiatore”.
A livello scientifico la situazione non è ancora molto chiara, ed è oggetto di numerose controversie.
In linea generale con l’acronimo O.B.E. si identificano tutte quelle esperienze nelle quali una persona percepisce appunto di “sdoppiarsi”, uscendo dal proprio corpo fisico, quindi ritenendo di proiettare la propria coscienza oltre i confini corporei.
La sensazione generalmente descritta da chi ritiene di aver avuto una simile esperienza (circa una pesona su 10) è descritta come uno stato di fluttuazione a distanza di qualche metro dal corpo fisico, ed in certi casi vengono riportati racconti di soggetti che ritengono di essersi osservati dall’esterno (autoscopia).
Alla base di questo tipo di esperienza, in campo medico, si ritiene che vi possano essere diversi disturbi ed alterazioni della coscienza: derivanti da alterazioni a livello fisico, da affaticamento estremo od anche cause puramente psicologiche, questi disturbi, riferiti all’autocoscienza e chiamati “depersonalizzazione”, possono essere innocui, ma anche sintomi di problemi mentali.
Questa sensazione di dislocazione rispetto al corpo fisico viene evidenziata in vari casi, i più comuni dei quali sono le crisi epilettiche, il sonno nelle sue fasi ipnagogica (precedente l’addormentamento) o ipnopompica (subito prima del risveglio), in casi di psicosi acute di vario genere e nell’intossicazione da droghe o farmaci.
Proprio quest’ultimo dettaglio ha incuriosito vari medici e scienziati, che hanno stilato varie interpretazioni di questo fenomeno. La più comune e generalmente accettata vuole che l’O.B.E. non sia, in realtà, altro che il frutto di un’attività anomala del cervello, in zone di norma poco usate.
L’uso di droghe ed allucinogeni, infatti, produce diversi effetti sul cervello, spesso dannosi, proprio perché va ad alterarne il normale funzionamento: nulla di più scontato, di conseguenza, che le percezioni sensoriali ed il senso dell’equilibrio siano le prime a saltare. A seconda delle zone coinvolte, gli effetti possono essere anche devastanti.
La cosa è facilmente verificabile: bere e mettersi alla guida è la garanzia di un incidente, nulla da eccepire quindi se la cosa sia sanzionata. L’alcool, che è comunque una sostanza psicotropa, altera il senso delle distanze, rallenta i riflessi e abbassa la soglia della lucidità mentale. I risultati si vedono.
Durante tutta la storia umana si sono avuti, e si hanno tuttora, esempi di uso cultuale o “terapeutico” di droghe e farmaci: tantissimi sciamani assumono varie “erbe degli dei” per potersi “mettere in contatto con gli spiriti”, così come ai malati di schizofrenia e depressione vengono prescritti, spesso alla leggera, i peggiori psicofarmaci che spesso provocano più problemi che risultati.
In natura, poi, sono presenti tantissime piante con componenti allucinogene, ad esempio funghi di vario tipo e la belladonna, che se ingerite possono dare gli effetti più disparati, dai più leggeri fino alla morte.
La bella donna in sé era la cosiddetta “erba delle streghe”, che durante i sabba veniva utilizzata sotto forma di unguento per raggiungere uno stato di alterazione psicologica descritto come, guardacaso, una sorta di volo.
Notando come la sensazione, in luoghi ed epoche differenti, sia sempre la stessa, e cioè quella di un’uscita dal proprio involucro fisico, vari studiosi hanno raggiunto la conclusione che questo tipo di esperienza non sia nulla più che un prodotto della mente umana, senza alcuna connotazione metafisica od esoterica.
A questo proposito è molto interessante uno studio, in assoluto il primo nel suo genere, condotto da Bigna Lenggenhager, della Scuola Politecnica Federale di Losanna, ed Henrik Ehrsson dell'University College di Londra. Ad un gruppo di volontari sono stati fatti indossare degli occhiali 3D, di derivazione aerospaziale, il cui uso è solitamente riservato all’addestramento dei piloti e degli astronauti. Il più recente sviluppo è nella fusione uomo-macchina, ovvero nella possibilità di manovrare un robot da remoto, avendo la sensazione di essere al suo posto, e quindi di poter operare “in prima persona” da una postazione sicura.
Ai volontari fu mostrato attraverso una telecamera il proprio corpo, visto dall’esterno, proiettato a circa due metri di distanza, replicando quindi le condizioni descritte come proprie di una O.B.E.
Furono sottoposti a diversi stimoli sensoriali, e gli fu chiesto di indicare in quale punto della stanza si trovassero. Molti indicarono la posizione virtuale, dimostrando quindi di aver provato una sensazione di dissociazione dal proprio corpo.
Secondo gli studiosi questo esperimento è in grado di dare una possibile spiegazione scientifica relativa all'origine delle O.B.E. Fenomeno quindi puramente fisiologico, alla cui base "potrebbe esserci una disconnessione fra i circuiti del cervello che elaborano le informazioni sensoriali".
Tali studi , pur non dando conclusioni definitive riguardo alla natura oggettiva o allucinatoria della O.B.E. o di altri fenomeni simili, sono stati attentamente valutati anche da enti civili e militari, specie negli ultimi anni: in vari casi, infatti, moltissimi piloti sia di aerei convenzionali che di UCAV (Unmanned Combat Aerial Vehicle, velivoli da combattimento senza equipaggio) hanno manifestato, oltre allo stress e al disorientamento spaziale od alla “visione a tunnel”, anche fenomeni di vera e propria dislocazione, spesso con effetti catastrofici. In tutti i casi si era trattato di piloti che volavano in condizioni proibitive, spesso con uso di NVG non di ultimissima generazione, oppure, in maggioranza, di piloti di UCAV, ad oggi i più soggetti a fenomeni tali.
Inizialmente non si riusciva a capirne il motivo, poi ci si rese conto che il pilotaggio, condotto da remoto, di un aeromobile, è estremamente faticoso sia a causa della scomodità delle postazioni, sia per il frequente insorgere di fenomeni di visione a tunnel e, come riportato, di dislocazione. Questi piloti hanno in vari casi descritto come vedere attraverso uno schermo il panorama circostante all’UCAV, senza avere né la visuale panoramica tipica degli aerei convenzionali, né il feedback sensoriale dato dal volo, li abbia portati ad un fenomeno di disorientamento molto simile alla dislocazione. Ad oggi i piloti degli UCAV sono i più soggetti ad un ricambio di personale tale da mettere una seria ipoteca all’utilizzo dei droni in futuro.
Semplicemente si rischierà di non avere più abbastanza piloti per questi mezzi. La soluzione potrebbe quindi essere data dall’uso di un ambiente totalmente immersivo, che dia al pilota la sensazione di “essere a bordo” realmente, con un totale feedback di movimenti, suoni, visuale e stimoli fisici.
I veri problemi potrebbero derivare da tutta una serie di scompensi ad oggi ancora in fase di studio, come ad esempio il jet-lag. Pilotare un UCAV dislocato in un paese con un fuso orario differente, in cui al momento dell’atterraggio sia giorno, per poi uscire dalla cabina e trovarsi in piena notte, potrebbe essere fastidioso.
Anche molti piloti trovatisi in condizioni di prolungato volo strumentale, in banchi di nebbia od oscurità totale, quindi privi di riferimenti esterni, hanno subito fenomeni simili, che li hanno portati a perdere il controllo dei loro velivoli, portando molte ditte ad installare un “panic button” nelle cabine di pilotaggio, che attivato riporta l’aereo in condizioni di volo livellato in modo automatico.
Stessa cosa che capita anche a camionisti e automobilisti su lunga tratta: stanchezza ed effetto ipnotico dato dalle luci del traffico di notte lungo un’autostrada possono portare ad una perdita di lucidità pericolosa.
Questa digressione, in apparenza poco legata al viaggio astrale o comunque all’O.B.E., è invece utile per capire meglio il senso delle parole del Dott. Peter Brugger, dell'University Hospital di Zurigo.
Infatti costui ha evidenziato come sia stato dimostrato, con questo esperimento, che sia la coordinazione sensoriale, in primis la prospettiva, sia la visione oculare, vadano di pari passo nelle funzioni di elaborazione tipiche del cervello, e quindi siano di massima importanza proprio per la percezione che una persona ha di se stessa.
Percezione che può essere manipolata od alterata con un’adeguata serie di stimoli sensoriali, sia in modo voluto, tanto con l’assunzione di droghe durante un rituale quanto con l’esperimento descritto sopra, sia per puro caso, avendo bevuto troppo o trovandosi in condizioni proibitive, come difatti è successo a tanti piloti, dimostrando quindi che l'unità spaziale e la coscienza del proprio corpo dipendono proprio dai meccanismi del cervello.
Già solo essere troppo stanchi, anche senza aver bevuto od assunto droghe o farmaci, produce effetti simili.
Esaminata l’origine fisiologica di questo stato di alterazione, così come viene vista negli ambienti scientifici, si può passare alla parte relativa alla metafisica ed all’esoterismo.
Sotto l’aspetto più puramente esoterico esistono diverse definizioni di cosa sia il “viaggio astrale”, spesso errate e volgarizzate dalla sempre crescente massa di libri, siti web, associazioni di ogni tipo, “istruttori”, guru e santoni improvvisati che oggi vivono e prosperano felicemente sull’ignoranza delle persone.
Si parla di volersi mettere in contatto con tutto: dagli spiriti dei defunti alle entità più improbabili, o di ottenere “la conoscenza” in modo rapido e totale (stranamente, esiste una strana cosa chiamata “scuola”…).
Al di là delle idee più inutili e strampalate, gli esoteristi utilizzano la pratica del viaggio astrale per indagare e studiare seriamente ciò che sta “oltre”, e sfugge alle restrizioni tipiche del piano esistenziale su cui risiedono.
La cosa è comprensibile: già solo la fisica quantistica sta confermando l’esistenza di vari piani dimensionali diversi dal nostro, dei quali l’uomo ha sempre intuito la presenza e quasi certamente abitati.
Dando credito all’idea che la parte spirituale dell’uomo possa staccarsi, naturalmente o in modo volontario, dal suo involucro fisico, e quindi possa essere libera di spostarsi a piacimento su diversi piani esistenziali, la pratica del viaggio astrale viene vista come la più adatta per ottenere questo risultato.
Quindi il viaggio astrale, se condotto con le corrette cautele e procedure, può essere inteso come un valido mezzo per oltrepassare i limiti fisici ed ottenere risultati degni di nota, indipendentemente da cosa si sta cercando.
Un esempio valido è quello portato dai Rosacrociani dell’A.M.O.R.C. (Antico e Mistico Ordine dei Rosa Croce): non parlano di “viaggio astrale”, termine che criticano, sostituendolo con quello di “proiezione psichica”. Dichiarano che questa pratica, di per sé difficile da padroneggiare e pericolosa, serve per arrivare in luoghi distanti e percepire cosa vi stia accadendo, in coscienza ed autonomia, dando quindi una reale ed attendibile motivazione al loro operato.
Nell’Ordine, peraltro, viene insegnata con le dovute cautele e solo agli affiliati dal settimo grado in su, proprio a causa della sua difficoltà e del pericolo di subirne dei danni, fisici o psicologici, anche irreversibili.
Un’altra motivazione che potrebbe spingere al viaggio astrale si può ritrovare nello stile di vita odierno: infatti, oggi come oggi, la vita che tutti noi conduciamo è spesso superficiale, materialista e frettolosa. Il risultato è il solito: vivere così ci porta a non vivere, ma solo ad esistere. La differenza tra vita ed esistenza è abissale: il semplice limitarsi ad esistere, senza avere più la possibilità di vivere, di godere delle sensazioni, dei piaceri e delle possibilità di crescita che solo la vita piena può dare, porta a sprecare il proprio essere, giorno dopo giorno, a perdere il proprio tempo e ad arrivare alla fine del proprio ciclo vitale avendolo sprecato.
Le necessità indotte, l’omologazione, la solitudine, il degrado, la dipendenza da simboli e status fittizi o dalla tecnologia, la pressione sociale portano le persone ad assuefarsi a tutta una serie di meccaniche deviate, le quali a loro volta innescano fenomeni psicologici ed umani di sopraffazione ed egoismo. Le persone , in tali condizioni, diventano semplici automi, materialisti e frustrati, totalmente incapaci di provare sentimenti o di percepire la minima spiritualità, rimanendo incastrati un una perenne apatia, sospesi tra un mondo materiale verso cui non hanno interesse ed uno spirituale che non conoscono perché non riescono a percepirlo.
L’omologazione, che viene imposta spesso attraverso i media da un sistema consumista e spietato, è uno dei peggiori rischi per ognuno di noi: diventando incapaci di decidere in modo realmente personale e libero, ed appiattendoci mentalmente in interessi vuoti e privi di significato, ci ritroviamo alla fine chiusi in una sorta di morte apparente, il puro e semplice esistere. La maggioranza delle persone, semplicemente, non se ne rende nemmeno conto: altre, invece, accorgendosene e volendo uscire da questa gabbia, cercano anche nel loro intimo il modo per farlo.
Il viaggio astrale attraverso l’uso di un “corpo astrale” (già ipotizzato da Platone nell’antichità, e in tempi più moderni ben analizzato da Freud e Jung) quindi diventa, per diverse persone, un modo per rispondere alle troppe domande che una situazione simile fa sorgere: oltrepassare le dimensioni comuni ed entrare in una nuova, diversa condizione esistenziale, anche se temporaneamente, porta il viaggiatore a confrontarsi con se stesso, a rivedere il senso della sua vita, a confrontarsi anche con entità e presenze eteree la cui condizione, ad oggi, non ha ancora una vera spiegazione ma che vengono percepite come reali.
Astrarsi dalla vita materiale, in questo caso, non è inteso come una fuga dalla realtà, ma come un’indagine: un modo per cercare nuovi riferimenti, nuovi stimoli, sentimenti e sensazioni autentiche e vitali, al di fuori di una realtà limitata e limitante, che rischia di diventare fin più irreale di quanto non sembra.
In definitiva questa indagine può portare a trovare parecchie risposte, la cui origine è ancora ignota ma che in molti casi si rivelano giuste: risposte che si trovano sia al di fuori del proprio abituale contesto, sia, cosa più importante e particolare, letteralmente al di fuori di se stessi.
A sentire loro sembrerebbe un modo sicuro, rapido e funzionante per “parlare con Satana” (sicuramente… non ha nulla di meglio da fare), coi “propri demoni guardiani” (versione alternativa dell’angelo custode, a quanto pare…), e con altre entità di ogni tipo (dai grigi ai rettiliani, senza dimenticare fantasmi e spiriti dei boschi) che, a quanto parrebbe, dovrebbero essere pronte ad ascoltare servizievolmente ed amorevolmente il “viaggiatore astrale” di turno, esaudendone anche i desideri più assurdi.
Partiamo dall’inizio, e cerchiamo di fare un minimo di chiarezza su questo argomento.
A quasi tutte le persone potrà essere capitato di vivere un sogno talmente realistico da sembrare reale, e di essere in qualche modo in grado di interagirvi. Ad alcune potrà essere successo di rendersi persino conto di essere in un sogno, ma di poterlo ugualmente in qualche modo influenzare.
Questa situazione viene definita dagli scienziati “sogno lucido”, o più generalmente “O.B.E.”, cioè “Out of Body Experience (esperienza fuori dal corpo)”, mentre tra gli esoteristi è definita “viaggio astrale”. Riuscire a creare questa condizione, in modo volontario e pilotato, è una delle pratiche più seguite dagli esoteristi, con lo scopo di indagare più in profondità i misteri relativi all’uomo ed all’universo.
Da dove deriva il termine “viaggio astrale”?
Sostanzialmente in ambito esoterico si ipotizza l’esistenza di una quinta dimensione, in aggiunta alle tre fisiche ed al tempo: questa, denominata “piano astrale”, sarebbe quindi l’habitat naturale della nostra parte più “sottile”, cioè spirituale, chiamata “corpo astrale”.
Secondo la teoria del viaggio astrale questo, durante il sonno, si distacca dal corpo fisico rimanendone comunque in qualche maniera connesso. Le esperienze vissute in tali condizioni, di conseguenza, non sono vincolate ai limiti delle quattro dimensioni spaziotemporali, potendo in teoria fornire risposte alle ricerche del “viaggiatore”.
A livello scientifico la situazione non è ancora molto chiara, ed è oggetto di numerose controversie.
In linea generale con l’acronimo O.B.E. si identificano tutte quelle esperienze nelle quali una persona percepisce appunto di “sdoppiarsi”, uscendo dal proprio corpo fisico, quindi ritenendo di proiettare la propria coscienza oltre i confini corporei.
La sensazione generalmente descritta da chi ritiene di aver avuto una simile esperienza (circa una pesona su 10) è descritta come uno stato di fluttuazione a distanza di qualche metro dal corpo fisico, ed in certi casi vengono riportati racconti di soggetti che ritengono di essersi osservati dall’esterno (autoscopia).
Alla base di questo tipo di esperienza, in campo medico, si ritiene che vi possano essere diversi disturbi ed alterazioni della coscienza: derivanti da alterazioni a livello fisico, da affaticamento estremo od anche cause puramente psicologiche, questi disturbi, riferiti all’autocoscienza e chiamati “depersonalizzazione”, possono essere innocui, ma anche sintomi di problemi mentali.
Questa sensazione di dislocazione rispetto al corpo fisico viene evidenziata in vari casi, i più comuni dei quali sono le crisi epilettiche, il sonno nelle sue fasi ipnagogica (precedente l’addormentamento) o ipnopompica (subito prima del risveglio), in casi di psicosi acute di vario genere e nell’intossicazione da droghe o farmaci.
Proprio quest’ultimo dettaglio ha incuriosito vari medici e scienziati, che hanno stilato varie interpretazioni di questo fenomeno. La più comune e generalmente accettata vuole che l’O.B.E. non sia, in realtà, altro che il frutto di un’attività anomala del cervello, in zone di norma poco usate.
L’uso di droghe ed allucinogeni, infatti, produce diversi effetti sul cervello, spesso dannosi, proprio perché va ad alterarne il normale funzionamento: nulla di più scontato, di conseguenza, che le percezioni sensoriali ed il senso dell’equilibrio siano le prime a saltare. A seconda delle zone coinvolte, gli effetti possono essere anche devastanti.
La cosa è facilmente verificabile: bere e mettersi alla guida è la garanzia di un incidente, nulla da eccepire quindi se la cosa sia sanzionata. L’alcool, che è comunque una sostanza psicotropa, altera il senso delle distanze, rallenta i riflessi e abbassa la soglia della lucidità mentale. I risultati si vedono.
Durante tutta la storia umana si sono avuti, e si hanno tuttora, esempi di uso cultuale o “terapeutico” di droghe e farmaci: tantissimi sciamani assumono varie “erbe degli dei” per potersi “mettere in contatto con gli spiriti”, così come ai malati di schizofrenia e depressione vengono prescritti, spesso alla leggera, i peggiori psicofarmaci che spesso provocano più problemi che risultati.
In natura, poi, sono presenti tantissime piante con componenti allucinogene, ad esempio funghi di vario tipo e la belladonna, che se ingerite possono dare gli effetti più disparati, dai più leggeri fino alla morte.
La bella donna in sé era la cosiddetta “erba delle streghe”, che durante i sabba veniva utilizzata sotto forma di unguento per raggiungere uno stato di alterazione psicologica descritto come, guardacaso, una sorta di volo.
Notando come la sensazione, in luoghi ed epoche differenti, sia sempre la stessa, e cioè quella di un’uscita dal proprio involucro fisico, vari studiosi hanno raggiunto la conclusione che questo tipo di esperienza non sia nulla più che un prodotto della mente umana, senza alcuna connotazione metafisica od esoterica.
A questo proposito è molto interessante uno studio, in assoluto il primo nel suo genere, condotto da Bigna Lenggenhager, della Scuola Politecnica Federale di Losanna, ed Henrik Ehrsson dell'University College di Londra. Ad un gruppo di volontari sono stati fatti indossare degli occhiali 3D, di derivazione aerospaziale, il cui uso è solitamente riservato all’addestramento dei piloti e degli astronauti. Il più recente sviluppo è nella fusione uomo-macchina, ovvero nella possibilità di manovrare un robot da remoto, avendo la sensazione di essere al suo posto, e quindi di poter operare “in prima persona” da una postazione sicura.
Ai volontari fu mostrato attraverso una telecamera il proprio corpo, visto dall’esterno, proiettato a circa due metri di distanza, replicando quindi le condizioni descritte come proprie di una O.B.E.
Furono sottoposti a diversi stimoli sensoriali, e gli fu chiesto di indicare in quale punto della stanza si trovassero. Molti indicarono la posizione virtuale, dimostrando quindi di aver provato una sensazione di dissociazione dal proprio corpo.
Secondo gli studiosi questo esperimento è in grado di dare una possibile spiegazione scientifica relativa all'origine delle O.B.E. Fenomeno quindi puramente fisiologico, alla cui base "potrebbe esserci una disconnessione fra i circuiti del cervello che elaborano le informazioni sensoriali".
Tali studi , pur non dando conclusioni definitive riguardo alla natura oggettiva o allucinatoria della O.B.E. o di altri fenomeni simili, sono stati attentamente valutati anche da enti civili e militari, specie negli ultimi anni: in vari casi, infatti, moltissimi piloti sia di aerei convenzionali che di UCAV (Unmanned Combat Aerial Vehicle, velivoli da combattimento senza equipaggio) hanno manifestato, oltre allo stress e al disorientamento spaziale od alla “visione a tunnel”, anche fenomeni di vera e propria dislocazione, spesso con effetti catastrofici. In tutti i casi si era trattato di piloti che volavano in condizioni proibitive, spesso con uso di NVG non di ultimissima generazione, oppure, in maggioranza, di piloti di UCAV, ad oggi i più soggetti a fenomeni tali.
Inizialmente non si riusciva a capirne il motivo, poi ci si rese conto che il pilotaggio, condotto da remoto, di un aeromobile, è estremamente faticoso sia a causa della scomodità delle postazioni, sia per il frequente insorgere di fenomeni di visione a tunnel e, come riportato, di dislocazione. Questi piloti hanno in vari casi descritto come vedere attraverso uno schermo il panorama circostante all’UCAV, senza avere né la visuale panoramica tipica degli aerei convenzionali, né il feedback sensoriale dato dal volo, li abbia portati ad un fenomeno di disorientamento molto simile alla dislocazione. Ad oggi i piloti degli UCAV sono i più soggetti ad un ricambio di personale tale da mettere una seria ipoteca all’utilizzo dei droni in futuro.
Semplicemente si rischierà di non avere più abbastanza piloti per questi mezzi. La soluzione potrebbe quindi essere data dall’uso di un ambiente totalmente immersivo, che dia al pilota la sensazione di “essere a bordo” realmente, con un totale feedback di movimenti, suoni, visuale e stimoli fisici.
I veri problemi potrebbero derivare da tutta una serie di scompensi ad oggi ancora in fase di studio, come ad esempio il jet-lag. Pilotare un UCAV dislocato in un paese con un fuso orario differente, in cui al momento dell’atterraggio sia giorno, per poi uscire dalla cabina e trovarsi in piena notte, potrebbe essere fastidioso.
Anche molti piloti trovatisi in condizioni di prolungato volo strumentale, in banchi di nebbia od oscurità totale, quindi privi di riferimenti esterni, hanno subito fenomeni simili, che li hanno portati a perdere il controllo dei loro velivoli, portando molte ditte ad installare un “panic button” nelle cabine di pilotaggio, che attivato riporta l’aereo in condizioni di volo livellato in modo automatico.
Stessa cosa che capita anche a camionisti e automobilisti su lunga tratta: stanchezza ed effetto ipnotico dato dalle luci del traffico di notte lungo un’autostrada possono portare ad una perdita di lucidità pericolosa.
Questa digressione, in apparenza poco legata al viaggio astrale o comunque all’O.B.E., è invece utile per capire meglio il senso delle parole del Dott. Peter Brugger, dell'University Hospital di Zurigo.
Infatti costui ha evidenziato come sia stato dimostrato, con questo esperimento, che sia la coordinazione sensoriale, in primis la prospettiva, sia la visione oculare, vadano di pari passo nelle funzioni di elaborazione tipiche del cervello, e quindi siano di massima importanza proprio per la percezione che una persona ha di se stessa.
Percezione che può essere manipolata od alterata con un’adeguata serie di stimoli sensoriali, sia in modo voluto, tanto con l’assunzione di droghe durante un rituale quanto con l’esperimento descritto sopra, sia per puro caso, avendo bevuto troppo o trovandosi in condizioni proibitive, come difatti è successo a tanti piloti, dimostrando quindi che l'unità spaziale e la coscienza del proprio corpo dipendono proprio dai meccanismi del cervello.
Già solo essere troppo stanchi, anche senza aver bevuto od assunto droghe o farmaci, produce effetti simili.
Esaminata l’origine fisiologica di questo stato di alterazione, così come viene vista negli ambienti scientifici, si può passare alla parte relativa alla metafisica ed all’esoterismo.
Sotto l’aspetto più puramente esoterico esistono diverse definizioni di cosa sia il “viaggio astrale”, spesso errate e volgarizzate dalla sempre crescente massa di libri, siti web, associazioni di ogni tipo, “istruttori”, guru e santoni improvvisati che oggi vivono e prosperano felicemente sull’ignoranza delle persone.
Si parla di volersi mettere in contatto con tutto: dagli spiriti dei defunti alle entità più improbabili, o di ottenere “la conoscenza” in modo rapido e totale (stranamente, esiste una strana cosa chiamata “scuola”…).
Al di là delle idee più inutili e strampalate, gli esoteristi utilizzano la pratica del viaggio astrale per indagare e studiare seriamente ciò che sta “oltre”, e sfugge alle restrizioni tipiche del piano esistenziale su cui risiedono.
La cosa è comprensibile: già solo la fisica quantistica sta confermando l’esistenza di vari piani dimensionali diversi dal nostro, dei quali l’uomo ha sempre intuito la presenza e quasi certamente abitati.
Dando credito all’idea che la parte spirituale dell’uomo possa staccarsi, naturalmente o in modo volontario, dal suo involucro fisico, e quindi possa essere libera di spostarsi a piacimento su diversi piani esistenziali, la pratica del viaggio astrale viene vista come la più adatta per ottenere questo risultato.
Quindi il viaggio astrale, se condotto con le corrette cautele e procedure, può essere inteso come un valido mezzo per oltrepassare i limiti fisici ed ottenere risultati degni di nota, indipendentemente da cosa si sta cercando.
Un esempio valido è quello portato dai Rosacrociani dell’A.M.O.R.C. (Antico e Mistico Ordine dei Rosa Croce): non parlano di “viaggio astrale”, termine che criticano, sostituendolo con quello di “proiezione psichica”. Dichiarano che questa pratica, di per sé difficile da padroneggiare e pericolosa, serve per arrivare in luoghi distanti e percepire cosa vi stia accadendo, in coscienza ed autonomia, dando quindi una reale ed attendibile motivazione al loro operato.
Nell’Ordine, peraltro, viene insegnata con le dovute cautele e solo agli affiliati dal settimo grado in su, proprio a causa della sua difficoltà e del pericolo di subirne dei danni, fisici o psicologici, anche irreversibili.
Un’altra motivazione che potrebbe spingere al viaggio astrale si può ritrovare nello stile di vita odierno: infatti, oggi come oggi, la vita che tutti noi conduciamo è spesso superficiale, materialista e frettolosa. Il risultato è il solito: vivere così ci porta a non vivere, ma solo ad esistere. La differenza tra vita ed esistenza è abissale: il semplice limitarsi ad esistere, senza avere più la possibilità di vivere, di godere delle sensazioni, dei piaceri e delle possibilità di crescita che solo la vita piena può dare, porta a sprecare il proprio essere, giorno dopo giorno, a perdere il proprio tempo e ad arrivare alla fine del proprio ciclo vitale avendolo sprecato.
Le necessità indotte, l’omologazione, la solitudine, il degrado, la dipendenza da simboli e status fittizi o dalla tecnologia, la pressione sociale portano le persone ad assuefarsi a tutta una serie di meccaniche deviate, le quali a loro volta innescano fenomeni psicologici ed umani di sopraffazione ed egoismo. Le persone , in tali condizioni, diventano semplici automi, materialisti e frustrati, totalmente incapaci di provare sentimenti o di percepire la minima spiritualità, rimanendo incastrati un una perenne apatia, sospesi tra un mondo materiale verso cui non hanno interesse ed uno spirituale che non conoscono perché non riescono a percepirlo.
L’omologazione, che viene imposta spesso attraverso i media da un sistema consumista e spietato, è uno dei peggiori rischi per ognuno di noi: diventando incapaci di decidere in modo realmente personale e libero, ed appiattendoci mentalmente in interessi vuoti e privi di significato, ci ritroviamo alla fine chiusi in una sorta di morte apparente, il puro e semplice esistere. La maggioranza delle persone, semplicemente, non se ne rende nemmeno conto: altre, invece, accorgendosene e volendo uscire da questa gabbia, cercano anche nel loro intimo il modo per farlo.
Il viaggio astrale attraverso l’uso di un “corpo astrale” (già ipotizzato da Platone nell’antichità, e in tempi più moderni ben analizzato da Freud e Jung) quindi diventa, per diverse persone, un modo per rispondere alle troppe domande che una situazione simile fa sorgere: oltrepassare le dimensioni comuni ed entrare in una nuova, diversa condizione esistenziale, anche se temporaneamente, porta il viaggiatore a confrontarsi con se stesso, a rivedere il senso della sua vita, a confrontarsi anche con entità e presenze eteree la cui condizione, ad oggi, non ha ancora una vera spiegazione ma che vengono percepite come reali.
Astrarsi dalla vita materiale, in questo caso, non è inteso come una fuga dalla realtà, ma come un’indagine: un modo per cercare nuovi riferimenti, nuovi stimoli, sentimenti e sensazioni autentiche e vitali, al di fuori di una realtà limitata e limitante, che rischia di diventare fin più irreale di quanto non sembra.
In definitiva questa indagine può portare a trovare parecchie risposte, la cui origine è ancora ignota ma che in molti casi si rivelano giuste: risposte che si trovano sia al di fuori del proprio abituale contesto, sia, cosa più importante e particolare, letteralmente al di fuori di se stessi.