Il caso Rignano Flaminio: panico satanico e assoluzione
May 26, 2014 17:18:36 GMT
Post by alessandra on May 26, 2014 17:18:36 GMT
In data 16 maggio è arrivata la conferma, da parte della terza Corte d’Appello di Roma, presieduta da Ernesto Mineo, dell'assoluzioni con formula piena dei cinque imputati nel processo sulle presunte violenze avvenute nella scuola materna Olga Rovere di Rignano Flaminio, le maestre Marisa Pucci, Silvana Magalotti e Patrizia Del Meglio, la bidella Cristina Lunerti e l’autore televisivo Gianfranco Scancarello.
La notizia può essere immediatamente verificata sulle principali testate giornalistiche (ad esempio: www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/16/pedofilia-caso-di-rignano-flaminio-confermata-in-appello-lassoluzione-per-i-5-imputati/987838/)
Ci si chiederà per quale ragione occuparsi di questa tematica proprio qui: in realtà un motivo c'è, e non è neppure particolarmente difficile da identificare.
Il caso dei presunti abusi di Rignano Flaminio può essere a buon diritto fatto rientrare nel novero delle vicende giudiziarie legate al "panico satanico".
Se è vero che, rispetto ad altri casi, tra i quali merita doverosa menzione quello della fantomatica "setta" pescarese degli Angeli di Sodoma, poi rivelatasi mai esistita, nel caso di Rignano Flaminio le fantasie a sfondo satanico sono rimaste più in ombra, è altrettanto vero che non possono essere saltate a piè pari per un'analisi del caso che miri all'accuratezza dei fenomeni sociologici e psicologici sottostanti a queste tristi vicende giudiziarie che, nonostante le assoluzioni, mantengono una indiscussa gravità: non perché l'errore (anche nelle indagini, ahimè) non sia possibile, ma perché quando errori grossolani continuano a ripetersi in silenzio, sempre con i medesimi moduli, sempre con la medesima ferocia, sempre con la medesima assenza di prove, allora qualcosa non va.
E di questo "qualcosa", che mina sin dalle fondamenta i più sacrosanti diritti individuali, si deve necessariamente parlare, e se ne deve parlare con la medesima intensità con la quale volta a volta si parla affrettatamente di presunti colpevoli, spesso sbattuti in prima pagina senza alcun diritto di replica, i loro volti impietosamente affiancati da titoloni che non lasciano spazio ad alcun dubbio nella mente dell'opinione pubblica: insomma, scordatevi i principi dell'onere della prova a carico dell'accusa, e scordatevi anche un prudente uso dei verbi al condizionale da parte dei media.
I fatti
Il caso dei presunti abusi, che si sarebbero perpetrati tra il 2005 e il 2006, vide la sua genesi mediatica il 24 aprile 2007, quando tutte le agenzie di stampa e i telegiornali riportano la notizia dell'arresto di sei persone (tre maestre, una bidella e due personaggi esterni alla scuola), con gravissime accuse: violenza sessuale su bambini, minacce, percosse, sequestro di persona, produzione e commercio di materiale pedo-pornografico, tutte circostanze che apparirebbero immediatamente corroborate da prove "inconfutabili" (ma non mostrate).
Passa pochissimo tempo, ed ecco che le inconfutabili prove si rivelano, ahimè, inesistenti: non solo non ci sono testimoni (quelli elencati inizialmente dai media smentiscono di aver visto alcunché), non vi sono riscontri medici e non viene rinvenuto materiale pedopornografico, ma emerge al contrario una sostanziale improbabilità della concreta sussistenza dei fatti: le prove testimoniali si basano esclusivamente sui racconti dei bambini, tra l'altro riportati in prima istanza dai genitori.
Inizialmente le denunce dei genitori sono tre, poi aumentano sempre di più fino a superare la ventina, in un crescendo non solo di numeri, ma anche di circostanze sempre più agghiaccianti e, per contro, sempre meno credibili.
Nelle prime tre denunce i genitori sostengono di aver ricevuto dai propri figli di tre e quattro anni alcune confidenze su strani abusi che avrebbero subito all’asilo, e più precisamente nel bagno della scuola.
I responsabili vengono individuati in due bidelle e una maestra, ma già da qui emergono le prime incongruenze, date dal fatto che le maestre sono due, la bidella una.
Nelle settimane successive l’attenzione si concentra su un cittadino dello Sri Lanka noto a Rignano dove lavora alla pompa di benzina dell’Agip: sarebbe l’«uomo nero» di cui parlano i bambini, autista di uno scuolabus, talvolta di una macchina, con cui i bambini venivano portati in una misteriosa villa, una casa successivamente identificata in quella della maestra Patrizia.
I bambini lo chiamano una volta Maurizio, un’altra Giovanni, mai con il suo vero nome o cognome: Kelum o De Silva.
Con questa clamorosa svolta, si verifica una nuova incongruenza rispetto ai racconti iniziali: i presunti abusi vengono ora collocati al di fuori dell'asilo.
In questo quadro abbastanza traballante, lo stesso Tribunale del Riesame dispone la scarcerazione di tutti gli arrestati per mancanza di gravi indizi.
Nel frattempo si aggiungono dettagli sempre più "satanici", sacrifici animali, abusi avvenuti in un contesto rituale, secondo il modulo già visto negli USA nel celebre caso MacMartin (già trattato nella sezione dedicata alle inchieste errate straniere).
Tutte cose che, naturalmente, non trovano riscontro alcuno.
Nel 2012 il Tribunale di Tivoli assolve con formula piena gli imputati, una sentenza finalmente confermata anche in Appello.
Se è vero che le sentenze sembrano, anche in questo ennesimo caso, restituire un po' di fiducia nella giustizia, non bisogna dimenticare che errori tanto grossolani potrebbero senz'altro essere evitati, e ancor più potrebbero essere evitate tout court cacce alle streghe mediatiche nei casi in cui è evidente sin dall'inizio l'assenza di qualsiasi prova a carico degli imputati.
In realtà, è bene ricordare che l'insussistenza di casi di abusi rituali satanici è ampiamente documentata dalla letteratura scientifica internazionale.
Nonostante questo, in Italia, c'è chi continua a divulgare informazioni del tutto ascientifiche e fuorvianti in merito, ovviamente prive di riscontro e basate unicamente sull'autocitazione.
A tal proposito non posso che citare una pietra miliare della letteratura antropologica sul tema, Speak of the Devil - Tales of Satanic Abuse in Contemporary England, di Jean la Fontaine: l'opera non è mai stata tradotta in Italiano, ma su google books (al seguente URL: books.google.it/books/about/Speak_of_the_Devil.html?id=JBxfvDeQdmoC&redir_esc=y) è possibile leggerla quasi integralmente in Inglese.
Bisogna ricordare, dinnanzi a fatti di questo tipo, che non è un fenomeno che riguarda "gli altri", e in definitiva non è neppure un fenomeno che riguarda il satanismo, dal momento che nel 99% di questi casi coloro che finiscono sul banco degli imputati non sono neppure satanisti, ma persone comuni che da un giorno all'altro si trovano coinvolte in una spirale giudiziaria raccapricciante.
Né si può dire che il problema riguardi unicamente gli imputati: si pensi ai bambini, vittime immaginarie che divengono vittime reali nel momento in cui con procedure psicanalitiche capziose e sconfessate da decenni (riguardo questo, vedasi ancora l'articolo sul caso MacMartin) vengono indotti a ricordare fatti mai avvenuti, con effetti psicologici devastanti.
Volendo, sia pur con ovvia amarezza, concludere con un po' di ironia, si potrebbe dire che in casi di questo tipo, conformemente ai vecchi paradigmi della saggezza popolare, il Diavolo sembra nascondersi più nei dettagli, sempre scomodi e sfuggenti, che non in improbabili "sette".
La notizia può essere immediatamente verificata sulle principali testate giornalistiche (ad esempio: www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/16/pedofilia-caso-di-rignano-flaminio-confermata-in-appello-lassoluzione-per-i-5-imputati/987838/)
Ci si chiederà per quale ragione occuparsi di questa tematica proprio qui: in realtà un motivo c'è, e non è neppure particolarmente difficile da identificare.
Il caso dei presunti abusi di Rignano Flaminio può essere a buon diritto fatto rientrare nel novero delle vicende giudiziarie legate al "panico satanico".
Se è vero che, rispetto ad altri casi, tra i quali merita doverosa menzione quello della fantomatica "setta" pescarese degli Angeli di Sodoma, poi rivelatasi mai esistita, nel caso di Rignano Flaminio le fantasie a sfondo satanico sono rimaste più in ombra, è altrettanto vero che non possono essere saltate a piè pari per un'analisi del caso che miri all'accuratezza dei fenomeni sociologici e psicologici sottostanti a queste tristi vicende giudiziarie che, nonostante le assoluzioni, mantengono una indiscussa gravità: non perché l'errore (anche nelle indagini, ahimè) non sia possibile, ma perché quando errori grossolani continuano a ripetersi in silenzio, sempre con i medesimi moduli, sempre con la medesima ferocia, sempre con la medesima assenza di prove, allora qualcosa non va.
E di questo "qualcosa", che mina sin dalle fondamenta i più sacrosanti diritti individuali, si deve necessariamente parlare, e se ne deve parlare con la medesima intensità con la quale volta a volta si parla affrettatamente di presunti colpevoli, spesso sbattuti in prima pagina senza alcun diritto di replica, i loro volti impietosamente affiancati da titoloni che non lasciano spazio ad alcun dubbio nella mente dell'opinione pubblica: insomma, scordatevi i principi dell'onere della prova a carico dell'accusa, e scordatevi anche un prudente uso dei verbi al condizionale da parte dei media.
I fatti
Il caso dei presunti abusi, che si sarebbero perpetrati tra il 2005 e il 2006, vide la sua genesi mediatica il 24 aprile 2007, quando tutte le agenzie di stampa e i telegiornali riportano la notizia dell'arresto di sei persone (tre maestre, una bidella e due personaggi esterni alla scuola), con gravissime accuse: violenza sessuale su bambini, minacce, percosse, sequestro di persona, produzione e commercio di materiale pedo-pornografico, tutte circostanze che apparirebbero immediatamente corroborate da prove "inconfutabili" (ma non mostrate).
Passa pochissimo tempo, ed ecco che le inconfutabili prove si rivelano, ahimè, inesistenti: non solo non ci sono testimoni (quelli elencati inizialmente dai media smentiscono di aver visto alcunché), non vi sono riscontri medici e non viene rinvenuto materiale pedopornografico, ma emerge al contrario una sostanziale improbabilità della concreta sussistenza dei fatti: le prove testimoniali si basano esclusivamente sui racconti dei bambini, tra l'altro riportati in prima istanza dai genitori.
Inizialmente le denunce dei genitori sono tre, poi aumentano sempre di più fino a superare la ventina, in un crescendo non solo di numeri, ma anche di circostanze sempre più agghiaccianti e, per contro, sempre meno credibili.
Nelle prime tre denunce i genitori sostengono di aver ricevuto dai propri figli di tre e quattro anni alcune confidenze su strani abusi che avrebbero subito all’asilo, e più precisamente nel bagno della scuola.
I responsabili vengono individuati in due bidelle e una maestra, ma già da qui emergono le prime incongruenze, date dal fatto che le maestre sono due, la bidella una.
Nelle settimane successive l’attenzione si concentra su un cittadino dello Sri Lanka noto a Rignano dove lavora alla pompa di benzina dell’Agip: sarebbe l’«uomo nero» di cui parlano i bambini, autista di uno scuolabus, talvolta di una macchina, con cui i bambini venivano portati in una misteriosa villa, una casa successivamente identificata in quella della maestra Patrizia.
I bambini lo chiamano una volta Maurizio, un’altra Giovanni, mai con il suo vero nome o cognome: Kelum o De Silva.
Con questa clamorosa svolta, si verifica una nuova incongruenza rispetto ai racconti iniziali: i presunti abusi vengono ora collocati al di fuori dell'asilo.
In questo quadro abbastanza traballante, lo stesso Tribunale del Riesame dispone la scarcerazione di tutti gli arrestati per mancanza di gravi indizi.
Nel frattempo si aggiungono dettagli sempre più "satanici", sacrifici animali, abusi avvenuti in un contesto rituale, secondo il modulo già visto negli USA nel celebre caso MacMartin (già trattato nella sezione dedicata alle inchieste errate straniere).
Tutte cose che, naturalmente, non trovano riscontro alcuno.
Nel 2012 il Tribunale di Tivoli assolve con formula piena gli imputati, una sentenza finalmente confermata anche in Appello.
Se è vero che le sentenze sembrano, anche in questo ennesimo caso, restituire un po' di fiducia nella giustizia, non bisogna dimenticare che errori tanto grossolani potrebbero senz'altro essere evitati, e ancor più potrebbero essere evitate tout court cacce alle streghe mediatiche nei casi in cui è evidente sin dall'inizio l'assenza di qualsiasi prova a carico degli imputati.
In realtà, è bene ricordare che l'insussistenza di casi di abusi rituali satanici è ampiamente documentata dalla letteratura scientifica internazionale.
Nonostante questo, in Italia, c'è chi continua a divulgare informazioni del tutto ascientifiche e fuorvianti in merito, ovviamente prive di riscontro e basate unicamente sull'autocitazione.
A tal proposito non posso che citare una pietra miliare della letteratura antropologica sul tema, Speak of the Devil - Tales of Satanic Abuse in Contemporary England, di Jean la Fontaine: l'opera non è mai stata tradotta in Italiano, ma su google books (al seguente URL: books.google.it/books/about/Speak_of_the_Devil.html?id=JBxfvDeQdmoC&redir_esc=y) è possibile leggerla quasi integralmente in Inglese.
Bisogna ricordare, dinnanzi a fatti di questo tipo, che non è un fenomeno che riguarda "gli altri", e in definitiva non è neppure un fenomeno che riguarda il satanismo, dal momento che nel 99% di questi casi coloro che finiscono sul banco degli imputati non sono neppure satanisti, ma persone comuni che da un giorno all'altro si trovano coinvolte in una spirale giudiziaria raccapricciante.
Né si può dire che il problema riguardi unicamente gli imputati: si pensi ai bambini, vittime immaginarie che divengono vittime reali nel momento in cui con procedure psicanalitiche capziose e sconfessate da decenni (riguardo questo, vedasi ancora l'articolo sul caso MacMartin) vengono indotti a ricordare fatti mai avvenuti, con effetti psicologici devastanti.
Volendo, sia pur con ovvia amarezza, concludere con un po' di ironia, si potrebbe dire che in casi di questo tipo, conformemente ai vecchi paradigmi della saggezza popolare, il Diavolo sembra nascondersi più nei dettagli, sempre scomodi e sfuggenti, che non in improbabili "sette".