Il caso Bambini di Satana: un "errore" evitabile.
Apr 11, 2014 16:03:04 GMT
Post by alessandra on Apr 11, 2014 16:03:04 GMT
Qualche giorno fa ho avuto modo di leggere un libro, "Mostri dell'Inquisizione Moderna", in cui Marco Dimitri, presidente e fondatore dell'associazione culturale Bambini di Satana, racconta le proprie traversie giudiziarie, ed in particolare l'inchiesta errata svoltasi negli anni 1996-1997 che gli costò ben 14 mesi di ingiusta detenzione, in attesa del processo che avrebbe demolito ad una ad una le terribili accuse che gli venivano rivolte.
In realtà conoscevo già piuttosto bene la vicenda, ben ricostruita sia nel libro "Lasciate che i bimbi" di Luther Blissett sia in "Processo al Diavolo: reati mai commessi di Marco Dimitri", della giornalista Antonella Beccaria, tra l'altro con una interessante prefazione di Carlo Lucarelli.
Conoscevo già la vicenda, eppure leggere un libro scritto in prima persona da chi quella vicenda l'ha vissuta è stata un'esperienza più forte.
Siamo abituati a considerare i casi di cui sentiamo parlare nei media, con i loro vari corollari di pettegolezzi-ipotesi degli inquirenti-discussioni in salotti mediatici senza alcuna dignità né competenza-sentenze-condanne-assoluzioni come ombre distanti, o peggio come uno spettacolo al quale assistere, spesso con un malsano senso di morbosa curiosità.
Ciò che ci manca, in fondo, è l'empatia.
La capacità di pensare, anche solo per un attimo, che dietro i martellanti servizi televisivi, le gogne mediatiche e giudiziarie di chi viene accusato di fatti mai avvenuti o comunque che non ha commesso, i titoloni allarmistici che svettano a caratteri cubitali sui quotidiani, ci sono delle persone in carne ed ossa, che quello che a noi appare come un patetico teatrino lo vivono sulla propria pelle.
Per questo, leggere un libro scritto in prima persona può essere davvero un'esperienza utile per maturare una certa sensibilità e coscienza sociale di alcune problematiche molto diffuse nel nostro Paese, quali i casi di malagiustizia legati al "panico satanico".
Nella mia introduzione sul fenomeno del Satanic Ritual Abuse, fatta nell'articolo relativo al caso McMartin, ho utilizzato l'espressione "satanic panic" con riferimento ad un'ondata di panici morali relativi al satanismo diffusasi negli USA nei primi anni '80.
Ma qui non siamo negli USA, siamo in Italia.
E stavolta alla sbarra non ci sono dei tanto presunti quanto improbabili satanisti gestori di una scuola materna, ma delle persone ai vertici di una vera associazione satanista.
Sotto questo aspetto, il caso dei Bambini di Satana rappresenta direi quasi un'anomalia nel calderone dei processi per abusi satanici mai avvenuti.
Un'anomalia perché in genere, come ho già detto ed avrò modo di rimarcare in altri articoli, questi casi non coinvolgono veri satanisti, ma cittadini comuni che si trovano coinvolti in una doppia spirale di menzogne- legata sia a crimini inesistenti, sia ad "accuse" di satanismo altrettanto inesistente.
E se nel momento in cui ti trovi ad essere accusato di reati inesistenti, ahimè, sei anche satanista, la questione diventa ancor più problematica, perché non devi soltanto difenderti da una serie di addebiti spesso così palesemente infondati (ad esempio nel caso in questione compare in atti ufficiali l'accusa di aver trasformato una ragazza in una licantropa...) da escludere di fatto ogni possibilità di difesa razionale, ma devi difenderti anche da quella cortina di ombre, di stereotipi generalizzanti, di pregiudizi che circondano il satanismo.
Devi difenderti dinnanzi a rappresentanti della Giustizia di uno Stato formalmente laico che affermano con disarmante candore che di prove dei tuoi reati non ce ne sono da nessuna parte, ma siccome sei un satanista, qualcosa devi aver fatto, e soprattutto qualcosa deve essere fatto.
Perché se non si può più combattere l'eresia, si può ancora combattere l'eretico, e se non si possono più appiccare i roghi nella pubblica piazza, si può ancora procedere ad indegni linciaggi mediatici.
E' proprio quando leggo frasi come quella poco sopra, pronunciata da un rappresentante della "giustizia", che vorrei che libri come "Mostri dell'Inquisizione Moderna" fossero semplici racconti di fantasia.
Ma così non è, e allora cercherò di ricostruire brevemente il caso, spero a beneficio dei lettori che potranno vagliare attentamente quanto un clima di panico e stereotipi generalizzanti possa pesare non solo sulla vita di persone innocenti ma "lontane" ed "estranee", ma anche su tutti noi, che queste farse le paghiamo, che di queste farse ci nutriamo davanti alla TV, ormai del tutto incapaci di distinguere criticamente la fantasia dalla realtà.
La vicenda comuncia nel 1996, quando Marco Dimitri, presidente dei Bambini di Satana, il suo vice Piergiorgio Bonora e Gennaro Luongo vengono arrestati con le imputazioni di ratto a fini di libidine e violenza carnale ai danni di una sedicenne, che i giornali chiamano con lo pseudonimo di "Simonetta".
L'accusa era imperniata sulle confessioni della stessa adolescente, una ragazza con con problemi psicologici, con precedenti di accuse calunniose nei confronti di amici e conoscenti.
E' subito evidente che la versione dei fatti della ragazza è contraddittoria (le date del presunto stupro vengono incredibilmente spostate ogniqualvolta emerge che gli accusati hanno un alibi di ferro, e viene spostato perfino il luogo del presunto stupro, non si trovano tracce del cloroformio che sarebbe stato utilizzato per anestetizzare la ragazza né prove di altro tipo).
Dimitri viene scarcerato, ma a questo punto il caso di "Simonetta" si intreccia con una vicenda apparentemente scollegata: i genitori di un bimbo di tre anni, dai giornali chiamato "Federico", notano alcune stranezze nel comportamento del piccolo, e lo portano da un esorcista della Curia locale che avanza l'ipotesi che il bambino sia vittima di "abusi satanici".
Scatta il panico, al bambino vengono presumibilmente mostrate con insistenza foto di Marco Dimitri, e la fantasmagoria di accuse che ne viene fuori è a dir poco sconcertante: il bambino sarebbe stato stuprato con una matita, e calato in nella bara di una donna di nome Margherita: si aggiungono quindi le accuse di violenza su minore, violazione di sepolcro e profanazione di cadavere.
Il bambino comincia infatti inspiegabilmente a "ricordare" una serie di macabre vicende, con una accuratezza di particolari che non lascia alcun dubbio sul fatto che i "ricordi" gli venissero messi in bocca da adulti, giacché un bimbo di quell'età non ha una memoria a lungo termine e di certo non potrebbe ricordare nomi di strade o di persone semisconosciute.
"Simonetta" avvalora queste versioni dei fatti, presentandosi ora come vittima ora come complice, e le accuse da lei sollevate aumentano fino a ricomprendere presunti omicidi ed orge di massa a suo dire perpetratisi nell'appartamento di tre stanze occupato da Dimitri.
La giovane si spinge inoltre ad accusare addirittura un nobile bolognese, cattolico praticante, ed altri personaggi in vista, che le successive indagini dimostrarono essere assolutamente estranei ai fatti, a parlare di casi di "licantropia" e altre fantasie in salsa demoniaca che per ragioni inspiegabili vengono puntualmente prese per buone dalla PM, nonostante la loro palese infondatezza e contraddittorietà.
Tra le altre cose, merita di essere ricordata anche un'accusa di omicidio (non mancando all'appello nessuno, si supponeva naturalmente che la vittima fosse un immigrato clandestino, poiché il bambino aveva parlato di un "dado blu", espressione che secondo la pubblica accusa avrebbe indicato un uomo di colore... ma non sorprendetevi, ormai avrete capito che siamo ai confini della realtà); tuttavia, giacché non si trovava neppure il cadavere del supposto clandestino sacrificato ritualmente, si finì per supporre che fosse stato bruciato nel fornetto trovato a casa di Dimitri, la cui capienza era per giunta inferiore a quella di una torta di medie dimensioni.
Dimitri riceve l'appoggio del gruppo libertario Luther Blissett, che sospetta che dietro l'inchiesta operi la longa manus della Curia e dà il via ad un'opera di guerriglia mediatica spesso politicamente scorretta ma piuttosto efficace, che scardina sin dalle fondamenta le accuse e mostra a più riprese l'inattendibilità dei media.
Nel 1997, si arriva finalmente al processo, dopo 14 mesi di custodia cautelare: il Tribunale assolve Dimitri perché i fatti non sono mai accaduti.
Nulla di ciò che era stato detto era vero.
Nel 2001 si svolge il processo d'appello chiesto dal Pubblico ministero, che si conclude sempre con assoluzione per insussistenza dei fatti.
Nel 2005 Marco Dimitri viene risarcito per ingiusta detenzione con la somma di 100.000 euro.
Oltre il danno anche la beffa, poiché qualcuno cercò di opporsi al risarcimento in quanto Dimitri, essendo satanista, i guai giudiziari se li sarebbe, in fondo, "andati a cercare".
Nello scrivere questo articolo che attraversa una triste vicenda giudiziaria e umana (non solo per gli imputati con accuse folli, ma anche per una ragazza ed un bambino di fatto "sfruttati" affinché fosse creato il mostro mediatico), non posso che interrogarmi sul valore che, nella nostra società, può ancora rivestire la parola "giustizia".
Il caso dei Bambini di Satana rappresenta una pagina problematica della storia giudiziaria italiana, una pagina per molti da dimenticare, letteralmente: infatti, quando non troppi anni fa a questa vicenda giudiziaria fu dedicato un servizio dalla trasmissione Bo-noir, una nota associazione "antisette" italiana arrivò a promuovere una serie di azioni tese a contestare il diritto di Dimitri di parlare delle sue vicende giudiziarie.
Insomma, il diritto di replica, anche di fronte a fatti di una gravità inaudita, non deve essere concesso a chi non appartiene alla maggioranza.
Sia chiaro: questo articolo non è finalizzato alla aprioristica critica dei gruppi di "contrasto alle sette" (che però ebbero un innegabile ruolo chiave nella vicenda in esame), né al negare tout court l'esistenza di possibili casi di devianza all'interno del "satanismo".
Casi di devianza possono esistere all'interno del satanismo come all'interno di qualsiasi altro gruppo sociale, e al pari di quanto avviene in qualsiasi altro gruppo sociale devono essere contrastati secondo le normative vigenti.
In alcune ipotesi, nell'ambito del satanismo giovanile fai-da-te, slegato da vere dottrine e basi culturali, ma basato proprio sugli stereotipi dell'immaginario collettivo, gli allarmismi mediatici e la pubblicizzazione grottesca di casi (magari inesistenti) di devianza legata al satanismo possono rivelarsi addirittura criminogeni, in quanto passibili di divenire fonte di emulazione.
Al di là comunque dei casi di criminalità che possono effettivamente esistere, ciò che si contesta è:
1- la generalizzazione mediatica che evita sempre con accuratezza di specificare che il satanismo nella sua globalità non è un fenomeno criminale, né espone al compimento di reati;
2- l'allarmismo: il satanismo non costituisce un allarme sociale, il suo impatto sociale è numericamente irrilevante, ed anche qualora esistessero dei casi di criminalità (che spesso comunque non superano le scritte vandalistiche sui muri) autentici e provati da sentenze passate in giudicato, essi sarebbero a propria volta numericamente irrilevanti.
Per quanto sia antipatico parlare di criminalità, magari anche di casi gravi, in termini di numeri e statistiche, nel momento in cui si vuole stabilire l'esistenza o meno di un allarme sociale non si può che parlare in termini numerici.
E in termini numerici non esiste alcun allarme sociale legato al satanismo.
3-il fatto che esistano numerosi casi di inchieste dimostratesi errate che dovrebbero indurre ad un serio ripensamento su alcune manovre mediatiche e non, mentre non solo non si fa nulla per evitare il ripetersi di questi casi, ma al contrario si continua imperterriti a commettere i medesimi errori, per giunta cercando sempre di far passare in sordina le varie assoluzioni dopo aver martellato l'opinione pubblica con vicende raccapriccianti e tese a suscitare panico poi dimostratesi inesistenti.
4-il fatto che si eviti quasi sempre con lodevole accuratezza di fornire all'opinione pubblica una trattazione laica e super partes dell'argomento.
Non si può continuare a fare servizi televisivi privi di contraddittorio e chiaramente orientati, né si può continuare a far sì che a fornire (non solo ai media, ma -parrebbe proprio- anche ad un apposito dipartimento della Polizia di Stato) "dati" sul satanismo siano sacerdoti cattolici, tra l'altro dimostratamente oltranzisti ed avversi alle religioni minoritarie.
A questo punto, per una mera questione di coerenza, si dovrebbero invitare esponenti del satanismo per parlare degli scandali che coinvolgono la Chiesa Cattolica.
Questo, giustamente, non avviene, ma altrettanto giustamente non dovrebbe avvenire il contrario.
5- le possibili influenze indebitamente esercitate da gruppi di contrasto ai nuovi movimenti religiosi sulla magistratura, cosa evidente nel caso dei Bambini di Satana.
Siamo stanchi di vedere mostri "satanici" sbattuti in prima pagina con accuse che puntualmente non superano il vaglio della magistratura e si rivelano infondate!
E, per concludere, giacché ogniqualvolta si parla di satanismo non si manca mai di sfoggiare con aplomb una patina di inguaribile moralismo, in nome dei più elementari principi di coerenza sarebbe forse arrivato il momento che queste schiere di moralizzatori in estasi si interrogassero, una volta tanto, sull'eticità delle proprie azioni.
In realtà conoscevo già piuttosto bene la vicenda, ben ricostruita sia nel libro "Lasciate che i bimbi" di Luther Blissett sia in "Processo al Diavolo: reati mai commessi di Marco Dimitri", della giornalista Antonella Beccaria, tra l'altro con una interessante prefazione di Carlo Lucarelli.
Conoscevo già la vicenda, eppure leggere un libro scritto in prima persona da chi quella vicenda l'ha vissuta è stata un'esperienza più forte.
Siamo abituati a considerare i casi di cui sentiamo parlare nei media, con i loro vari corollari di pettegolezzi-ipotesi degli inquirenti-discussioni in salotti mediatici senza alcuna dignità né competenza-sentenze-condanne-assoluzioni come ombre distanti, o peggio come uno spettacolo al quale assistere, spesso con un malsano senso di morbosa curiosità.
Ciò che ci manca, in fondo, è l'empatia.
La capacità di pensare, anche solo per un attimo, che dietro i martellanti servizi televisivi, le gogne mediatiche e giudiziarie di chi viene accusato di fatti mai avvenuti o comunque che non ha commesso, i titoloni allarmistici che svettano a caratteri cubitali sui quotidiani, ci sono delle persone in carne ed ossa, che quello che a noi appare come un patetico teatrino lo vivono sulla propria pelle.
Per questo, leggere un libro scritto in prima persona può essere davvero un'esperienza utile per maturare una certa sensibilità e coscienza sociale di alcune problematiche molto diffuse nel nostro Paese, quali i casi di malagiustizia legati al "panico satanico".
Nella mia introduzione sul fenomeno del Satanic Ritual Abuse, fatta nell'articolo relativo al caso McMartin, ho utilizzato l'espressione "satanic panic" con riferimento ad un'ondata di panici morali relativi al satanismo diffusasi negli USA nei primi anni '80.
Ma qui non siamo negli USA, siamo in Italia.
E stavolta alla sbarra non ci sono dei tanto presunti quanto improbabili satanisti gestori di una scuola materna, ma delle persone ai vertici di una vera associazione satanista.
Sotto questo aspetto, il caso dei Bambini di Satana rappresenta direi quasi un'anomalia nel calderone dei processi per abusi satanici mai avvenuti.
Un'anomalia perché in genere, come ho già detto ed avrò modo di rimarcare in altri articoli, questi casi non coinvolgono veri satanisti, ma cittadini comuni che si trovano coinvolti in una doppia spirale di menzogne- legata sia a crimini inesistenti, sia ad "accuse" di satanismo altrettanto inesistente.
E se nel momento in cui ti trovi ad essere accusato di reati inesistenti, ahimè, sei anche satanista, la questione diventa ancor più problematica, perché non devi soltanto difenderti da una serie di addebiti spesso così palesemente infondati (ad esempio nel caso in questione compare in atti ufficiali l'accusa di aver trasformato una ragazza in una licantropa...) da escludere di fatto ogni possibilità di difesa razionale, ma devi difenderti anche da quella cortina di ombre, di stereotipi generalizzanti, di pregiudizi che circondano il satanismo.
Devi difenderti dinnanzi a rappresentanti della Giustizia di uno Stato formalmente laico che affermano con disarmante candore che di prove dei tuoi reati non ce ne sono da nessuna parte, ma siccome sei un satanista, qualcosa devi aver fatto, e soprattutto qualcosa deve essere fatto.
Perché se non si può più combattere l'eresia, si può ancora combattere l'eretico, e se non si possono più appiccare i roghi nella pubblica piazza, si può ancora procedere ad indegni linciaggi mediatici.
E' proprio quando leggo frasi come quella poco sopra, pronunciata da un rappresentante della "giustizia", che vorrei che libri come "Mostri dell'Inquisizione Moderna" fossero semplici racconti di fantasia.
Ma così non è, e allora cercherò di ricostruire brevemente il caso, spero a beneficio dei lettori che potranno vagliare attentamente quanto un clima di panico e stereotipi generalizzanti possa pesare non solo sulla vita di persone innocenti ma "lontane" ed "estranee", ma anche su tutti noi, che queste farse le paghiamo, che di queste farse ci nutriamo davanti alla TV, ormai del tutto incapaci di distinguere criticamente la fantasia dalla realtà.
La vicenda comuncia nel 1996, quando Marco Dimitri, presidente dei Bambini di Satana, il suo vice Piergiorgio Bonora e Gennaro Luongo vengono arrestati con le imputazioni di ratto a fini di libidine e violenza carnale ai danni di una sedicenne, che i giornali chiamano con lo pseudonimo di "Simonetta".
L'accusa era imperniata sulle confessioni della stessa adolescente, una ragazza con con problemi psicologici, con precedenti di accuse calunniose nei confronti di amici e conoscenti.
E' subito evidente che la versione dei fatti della ragazza è contraddittoria (le date del presunto stupro vengono incredibilmente spostate ogniqualvolta emerge che gli accusati hanno un alibi di ferro, e viene spostato perfino il luogo del presunto stupro, non si trovano tracce del cloroformio che sarebbe stato utilizzato per anestetizzare la ragazza né prove di altro tipo).
Dimitri viene scarcerato, ma a questo punto il caso di "Simonetta" si intreccia con una vicenda apparentemente scollegata: i genitori di un bimbo di tre anni, dai giornali chiamato "Federico", notano alcune stranezze nel comportamento del piccolo, e lo portano da un esorcista della Curia locale che avanza l'ipotesi che il bambino sia vittima di "abusi satanici".
Scatta il panico, al bambino vengono presumibilmente mostrate con insistenza foto di Marco Dimitri, e la fantasmagoria di accuse che ne viene fuori è a dir poco sconcertante: il bambino sarebbe stato stuprato con una matita, e calato in nella bara di una donna di nome Margherita: si aggiungono quindi le accuse di violenza su minore, violazione di sepolcro e profanazione di cadavere.
Il bambino comincia infatti inspiegabilmente a "ricordare" una serie di macabre vicende, con una accuratezza di particolari che non lascia alcun dubbio sul fatto che i "ricordi" gli venissero messi in bocca da adulti, giacché un bimbo di quell'età non ha una memoria a lungo termine e di certo non potrebbe ricordare nomi di strade o di persone semisconosciute.
"Simonetta" avvalora queste versioni dei fatti, presentandosi ora come vittima ora come complice, e le accuse da lei sollevate aumentano fino a ricomprendere presunti omicidi ed orge di massa a suo dire perpetratisi nell'appartamento di tre stanze occupato da Dimitri.
La giovane si spinge inoltre ad accusare addirittura un nobile bolognese, cattolico praticante, ed altri personaggi in vista, che le successive indagini dimostrarono essere assolutamente estranei ai fatti, a parlare di casi di "licantropia" e altre fantasie in salsa demoniaca che per ragioni inspiegabili vengono puntualmente prese per buone dalla PM, nonostante la loro palese infondatezza e contraddittorietà.
Tra le altre cose, merita di essere ricordata anche un'accusa di omicidio (non mancando all'appello nessuno, si supponeva naturalmente che la vittima fosse un immigrato clandestino, poiché il bambino aveva parlato di un "dado blu", espressione che secondo la pubblica accusa avrebbe indicato un uomo di colore... ma non sorprendetevi, ormai avrete capito che siamo ai confini della realtà); tuttavia, giacché non si trovava neppure il cadavere del supposto clandestino sacrificato ritualmente, si finì per supporre che fosse stato bruciato nel fornetto trovato a casa di Dimitri, la cui capienza era per giunta inferiore a quella di una torta di medie dimensioni.
Dimitri riceve l'appoggio del gruppo libertario Luther Blissett, che sospetta che dietro l'inchiesta operi la longa manus della Curia e dà il via ad un'opera di guerriglia mediatica spesso politicamente scorretta ma piuttosto efficace, che scardina sin dalle fondamenta le accuse e mostra a più riprese l'inattendibilità dei media.
Nel 1997, si arriva finalmente al processo, dopo 14 mesi di custodia cautelare: il Tribunale assolve Dimitri perché i fatti non sono mai accaduti.
Nulla di ciò che era stato detto era vero.
Nel 2001 si svolge il processo d'appello chiesto dal Pubblico ministero, che si conclude sempre con assoluzione per insussistenza dei fatti.
Nel 2005 Marco Dimitri viene risarcito per ingiusta detenzione con la somma di 100.000 euro.
Oltre il danno anche la beffa, poiché qualcuno cercò di opporsi al risarcimento in quanto Dimitri, essendo satanista, i guai giudiziari se li sarebbe, in fondo, "andati a cercare".
Nello scrivere questo articolo che attraversa una triste vicenda giudiziaria e umana (non solo per gli imputati con accuse folli, ma anche per una ragazza ed un bambino di fatto "sfruttati" affinché fosse creato il mostro mediatico), non posso che interrogarmi sul valore che, nella nostra società, può ancora rivestire la parola "giustizia".
Il caso dei Bambini di Satana rappresenta una pagina problematica della storia giudiziaria italiana, una pagina per molti da dimenticare, letteralmente: infatti, quando non troppi anni fa a questa vicenda giudiziaria fu dedicato un servizio dalla trasmissione Bo-noir, una nota associazione "antisette" italiana arrivò a promuovere una serie di azioni tese a contestare il diritto di Dimitri di parlare delle sue vicende giudiziarie.
Insomma, il diritto di replica, anche di fronte a fatti di una gravità inaudita, non deve essere concesso a chi non appartiene alla maggioranza.
Sia chiaro: questo articolo non è finalizzato alla aprioristica critica dei gruppi di "contrasto alle sette" (che però ebbero un innegabile ruolo chiave nella vicenda in esame), né al negare tout court l'esistenza di possibili casi di devianza all'interno del "satanismo".
Casi di devianza possono esistere all'interno del satanismo come all'interno di qualsiasi altro gruppo sociale, e al pari di quanto avviene in qualsiasi altro gruppo sociale devono essere contrastati secondo le normative vigenti.
In alcune ipotesi, nell'ambito del satanismo giovanile fai-da-te, slegato da vere dottrine e basi culturali, ma basato proprio sugli stereotipi dell'immaginario collettivo, gli allarmismi mediatici e la pubblicizzazione grottesca di casi (magari inesistenti) di devianza legata al satanismo possono rivelarsi addirittura criminogeni, in quanto passibili di divenire fonte di emulazione.
Al di là comunque dei casi di criminalità che possono effettivamente esistere, ciò che si contesta è:
1- la generalizzazione mediatica che evita sempre con accuratezza di specificare che il satanismo nella sua globalità non è un fenomeno criminale, né espone al compimento di reati;
2- l'allarmismo: il satanismo non costituisce un allarme sociale, il suo impatto sociale è numericamente irrilevante, ed anche qualora esistessero dei casi di criminalità (che spesso comunque non superano le scritte vandalistiche sui muri) autentici e provati da sentenze passate in giudicato, essi sarebbero a propria volta numericamente irrilevanti.
Per quanto sia antipatico parlare di criminalità, magari anche di casi gravi, in termini di numeri e statistiche, nel momento in cui si vuole stabilire l'esistenza o meno di un allarme sociale non si può che parlare in termini numerici.
E in termini numerici non esiste alcun allarme sociale legato al satanismo.
3-il fatto che esistano numerosi casi di inchieste dimostratesi errate che dovrebbero indurre ad un serio ripensamento su alcune manovre mediatiche e non, mentre non solo non si fa nulla per evitare il ripetersi di questi casi, ma al contrario si continua imperterriti a commettere i medesimi errori, per giunta cercando sempre di far passare in sordina le varie assoluzioni dopo aver martellato l'opinione pubblica con vicende raccapriccianti e tese a suscitare panico poi dimostratesi inesistenti.
4-il fatto che si eviti quasi sempre con lodevole accuratezza di fornire all'opinione pubblica una trattazione laica e super partes dell'argomento.
Non si può continuare a fare servizi televisivi privi di contraddittorio e chiaramente orientati, né si può continuare a far sì che a fornire (non solo ai media, ma -parrebbe proprio- anche ad un apposito dipartimento della Polizia di Stato) "dati" sul satanismo siano sacerdoti cattolici, tra l'altro dimostratamente oltranzisti ed avversi alle religioni minoritarie.
A questo punto, per una mera questione di coerenza, si dovrebbero invitare esponenti del satanismo per parlare degli scandali che coinvolgono la Chiesa Cattolica.
Questo, giustamente, non avviene, ma altrettanto giustamente non dovrebbe avvenire il contrario.
5- le possibili influenze indebitamente esercitate da gruppi di contrasto ai nuovi movimenti religiosi sulla magistratura, cosa evidente nel caso dei Bambini di Satana.
Siamo stanchi di vedere mostri "satanici" sbattuti in prima pagina con accuse che puntualmente non superano il vaglio della magistratura e si rivelano infondate!
E, per concludere, giacché ogniqualvolta si parla di satanismo non si manca mai di sfoggiare con aplomb una patina di inguaribile moralismo, in nome dei più elementari principi di coerenza sarebbe forse arrivato il momento che queste schiere di moralizzatori in estasi si interrogassero, una volta tanto, sull'eticità delle proprie azioni.