I Tarocchi: Storia, archetipi e conoscenza di Sé.
Mar 21, 2014 20:40:52 GMT
Post by alessandra on Mar 21, 2014 20:40:52 GMT
La divinazione è una disciplina che vanta origini molto antiche, in quanto sin dai tempi più remoti l’uomo ha sentito la necessità di gettare uno sguardo sul proprio futuro.
L’epica e la mitologia dei popoli antichi abbondano pertanto di riferimenti ad oracoli e predizioni, e questi riferimenti, giunti fino a noi attraverso l’arte e la letteratura, sono di fondamentale importanza per comprendere la concezione che i popoli antichi avevano degli oracoli, una concezione che in parte diverge dalla nostra, ma che nondimeno può ancora oggi arricchire la nostra spiritualità e le nostre ricerche.
Nelle religioni antiche si riteneva che la conoscenza del futuro fosse rivelata dagli Dei, e proprio per questo il termine divinazione deriva dal Latino ‘divinus’, ossia ‘ispirato dalla divinità’.
Si riteneva inoltre che tali conoscenze fossero trasmesse dagli Dei solo ad alcuni individui in grado di entrare in contatto con la divinità ed a ciò specificamente preposti nel contesto sociale.
Così, nel mondo greco le sibille erano normalmente considerate ispirate, se non addirittura invasate, da una particolare divinità, perlomeno durante la fase del vaticinio: è il caso, ad esempio, della sibilla di Delfi, invasata dal nume di Apollo.
Oggi, al contrario, nel momento in cui si parla di divinazione, si allude generalmente ad un processo che non si basa sull’ispirazione divina di alcuni ‘eletti’, ma sull’uso di tecniche e simboli in grado di riportare a livello cosciente una serie di elementi che possano essere utilizzati come segnali, indizi per interpretare particolari situazioni del passato, del presente e, talvolta, del futuro.
I Tarocchi sono indubbiamente uno degli strumenti divinatori più conosciuti ed utilizzati, capaci per la ricchezza del loro simbolismo di mantenere invariato nei millenni il loro enorme fascino.
L’origine dei tarocchi è molto discussa: sebbene alcuni abbiano cercato di collocarla intorno al XVI secolo, tale ipotesi non è del tutto plausibile, in quanto esistono alcuni mazzi tuttora esistenti e sostanzialmente identici a quelli odierni risalenti al medioevo, utilizzati –pare- specie dalle zingare a scopo divinatorio.
Essendo stata scoperta l’origine asiatica degli zingari, alcuni studiosi hanno ipotizzato un’origine orientale dei tarocchi, e questa teoria sembra sposarsi molto bene con quella secondo la quale il tarocco originario comprendesse 108 carte.
Il numero 108 è infatti una costante nelle tradizione dell’Estremo Oriente: si parla di 108 raggi della ruota cosmica, ad esempio, ed rosari tantrici e buddisti sono composti da 108 grani.
Un’altra rispettabile tradizione esoterica, sostenuta da diverse autorità in materia, fa risalire i tarocchi ai misteri egiziani: secondo questa teoria sarebbe stato Thoth a raffigurare nei tarocchi il suo enorme sapere, che sarebbe stato pienamente compreso solo dai pochi capaci di carpire a fondo i misteri celati nel simbolo.
Qualunque siano le origini, in ogni caso si può affermare che i tarocchi rappresentano in forma iconografica una serie di archetipi e forze della Natura come concepiti dagli Antichi.
Il mazzo che oggi conosciamo include 78 carte, divise in 22 Arcani Maggiori e 56 Arcani Minori.
Il fascino più grande è senza dubbio esercitato dai 22 Trionfi, o Arcani Maggiori, che costituiscono gli archetipi della Natura, dei vari aspetti degli Dei e del percorso spirituale dell’uomo, mentre gli arcani minori, da utilizzare in associazione a quelli maggiori, precisano il significato di questi ultimi fornendo ulteriori indicazioni, che di regola, sia pure con alcune eccezioni, si riferiscono a situazioni materiali.
Dinnanzi ad un tale strumento di conoscenza che tra le maglie del suo simbolismo cela antichi e nuovi misteri, non si può che restare ammaliati.
Ciò che agli occhi dell’uomo moderno spiega meglio l’essenza dei tarocchi è probabilmente il ricorso al concetto di archetipi dell’inconscio collettivo come definiti da Carl Gustav Jung.
Jung parlava infatti di un inconscio collettivo, che conserva memorie antiche, risalenti addirittura ai primordi dell’umanità, e di archetipi, simboli in cui l’inconscio collettivo si estrinseca e prende forma.
Allora, forse, per scoprire i tarocchi nei loro significati più antichi ed autentici, dovremmo partire proprio da quella stilla di inconscio collettivo che serbiamo nella nostra Psiche, dalla profonda comprensione di noi stessi.
Non è certo un caso che nel tempio del celebre oracolo di Delfi campeggiasse l’iscrizione gnôthi seautón, conosci te stesso, chiara esortazione a scrutare nei meandri del Sé prima ancora che negli oracoli, poiché il microcosmo è varco primario verso la conoscenza.
L’epica e la mitologia dei popoli antichi abbondano pertanto di riferimenti ad oracoli e predizioni, e questi riferimenti, giunti fino a noi attraverso l’arte e la letteratura, sono di fondamentale importanza per comprendere la concezione che i popoli antichi avevano degli oracoli, una concezione che in parte diverge dalla nostra, ma che nondimeno può ancora oggi arricchire la nostra spiritualità e le nostre ricerche.
Nelle religioni antiche si riteneva che la conoscenza del futuro fosse rivelata dagli Dei, e proprio per questo il termine divinazione deriva dal Latino ‘divinus’, ossia ‘ispirato dalla divinità’.
Si riteneva inoltre che tali conoscenze fossero trasmesse dagli Dei solo ad alcuni individui in grado di entrare in contatto con la divinità ed a ciò specificamente preposti nel contesto sociale.
Così, nel mondo greco le sibille erano normalmente considerate ispirate, se non addirittura invasate, da una particolare divinità, perlomeno durante la fase del vaticinio: è il caso, ad esempio, della sibilla di Delfi, invasata dal nume di Apollo.
Oggi, al contrario, nel momento in cui si parla di divinazione, si allude generalmente ad un processo che non si basa sull’ispirazione divina di alcuni ‘eletti’, ma sull’uso di tecniche e simboli in grado di riportare a livello cosciente una serie di elementi che possano essere utilizzati come segnali, indizi per interpretare particolari situazioni del passato, del presente e, talvolta, del futuro.
I Tarocchi sono indubbiamente uno degli strumenti divinatori più conosciuti ed utilizzati, capaci per la ricchezza del loro simbolismo di mantenere invariato nei millenni il loro enorme fascino.
L’origine dei tarocchi è molto discussa: sebbene alcuni abbiano cercato di collocarla intorno al XVI secolo, tale ipotesi non è del tutto plausibile, in quanto esistono alcuni mazzi tuttora esistenti e sostanzialmente identici a quelli odierni risalenti al medioevo, utilizzati –pare- specie dalle zingare a scopo divinatorio.
Essendo stata scoperta l’origine asiatica degli zingari, alcuni studiosi hanno ipotizzato un’origine orientale dei tarocchi, e questa teoria sembra sposarsi molto bene con quella secondo la quale il tarocco originario comprendesse 108 carte.
Il numero 108 è infatti una costante nelle tradizione dell’Estremo Oriente: si parla di 108 raggi della ruota cosmica, ad esempio, ed rosari tantrici e buddisti sono composti da 108 grani.
Un’altra rispettabile tradizione esoterica, sostenuta da diverse autorità in materia, fa risalire i tarocchi ai misteri egiziani: secondo questa teoria sarebbe stato Thoth a raffigurare nei tarocchi il suo enorme sapere, che sarebbe stato pienamente compreso solo dai pochi capaci di carpire a fondo i misteri celati nel simbolo.
Qualunque siano le origini, in ogni caso si può affermare che i tarocchi rappresentano in forma iconografica una serie di archetipi e forze della Natura come concepiti dagli Antichi.
Il mazzo che oggi conosciamo include 78 carte, divise in 22 Arcani Maggiori e 56 Arcani Minori.
Il fascino più grande è senza dubbio esercitato dai 22 Trionfi, o Arcani Maggiori, che costituiscono gli archetipi della Natura, dei vari aspetti degli Dei e del percorso spirituale dell’uomo, mentre gli arcani minori, da utilizzare in associazione a quelli maggiori, precisano il significato di questi ultimi fornendo ulteriori indicazioni, che di regola, sia pure con alcune eccezioni, si riferiscono a situazioni materiali.
Dinnanzi ad un tale strumento di conoscenza che tra le maglie del suo simbolismo cela antichi e nuovi misteri, non si può che restare ammaliati.
Ciò che agli occhi dell’uomo moderno spiega meglio l’essenza dei tarocchi è probabilmente il ricorso al concetto di archetipi dell’inconscio collettivo come definiti da Carl Gustav Jung.
Jung parlava infatti di un inconscio collettivo, che conserva memorie antiche, risalenti addirittura ai primordi dell’umanità, e di archetipi, simboli in cui l’inconscio collettivo si estrinseca e prende forma.
Allora, forse, per scoprire i tarocchi nei loro significati più antichi ed autentici, dovremmo partire proprio da quella stilla di inconscio collettivo che serbiamo nella nostra Psiche, dalla profonda comprensione di noi stessi.
Non è certo un caso che nel tempio del celebre oracolo di Delfi campeggiasse l’iscrizione gnôthi seautón, conosci te stesso, chiara esortazione a scrutare nei meandri del Sé prima ancora che negli oracoli, poiché il microcosmo è varco primario verso la conoscenza.