Anassimene
Dec 23, 2014 18:03:08 GMT
Post by A. Rossi on Dec 23, 2014 18:03:08 GMT
Anassimene
by Nox Cervi
"Come l'anima nostra, che è aria, ci sostiene, così il soffio e l'aria circondano il mondo intero."
(Anassimene)
Anassìmene di Mileto visse, come attestato da Apollodoro(1), all'epoca della presa di Sardi (588/587 a.C) e morì nella 63.a olimpiade (528/525 a.C.).
Presumibilmente, egli fu discepolo dello ionico Anassimandro -e non a caso con questi condivide elementi caratteristici come la ricerca dell'arché o la concezione di physis-, e, secondo alcuni, anche di Parmenide.
Sfortunatamente, però, del milese Anassimene abbiamo decisamente poche notizie, e significative sono, in merito, le opere di Ippolito.
Se il predecessore Anassimandro aveva sancito che l'arché dovesse essere necessariamente indefinito, affinché potesse generare tutte le qualità degli elementi propri alla physis, Anassimene gli muove contro un'obiezione in quanto, egli affermava, ciò che, come l'àpeiron, è privo di determinazioni, non può generare quello che è lo spettacolo cangiante e variopinto, per forme e caratteristiche, della realtà.
Dunque, con l'acmé di Anassimene l'arché cessa di essere individuato nell'ipotetico àpeiron anassimandreo e torna ad essere identificato in un elemento proprio alla physis: l'aria.
Principio al quale, tuttavia, egli attribuisce le medesime qualità, ad eccezione solo della determinabilità, dell'arché precedente.
Stando alla testimonianza di Simplicio(2): "anch'egli dice che una è la sostanza che fa da sostrato e infinita, come l'altro, ma non indeterminata come quello, bensì determinata - la chiama aria. L'aria differisce nelle sostanze per rarefazione e condensazione. Attenuandosi diventa fuoco, condensandosi vento, e poi nuvola, e, crescendo la condensazione, acqua e poi terra e poi pietre e il resto, poi, da queste. Anch'egli suppone eterno il movimento mediante il quale si ha la trasformazione."
A questo punto, però, sarà bene soffermarsi un momento su almeno una in particolare delle caratteristiche proprie all'àpeiron: l'infinità.
L'infinità dell'arché di Anassimene è un'infinità quantitativa o qualitativa? A questo interrogativo è nuovamente Simplicio a rispondere, affermando che "bisogna sapere che altro è l'infinito e il limitato quanto al numero, (...), altro l'infinito e il limitato in quanto a grandezza, il che ... conviene ad Anassimandro e ad Anassimene, i quali ammettono sì un unico elemento, ma infinito per grandezza."(3).
Ora, abbiamo visto, in un precedente articolo, che per Anassimandro le cose che sono esistono poiché prodotto di un processo di separazione dall'arché, e che per questo sono soggette ad una punizione "cosmica"; il discepolo Anassimene non avrà apportato drastiche modifiche sul piano qualitativo del principio primo, ma di certo stravolse il concetto ed il processo della generazione dall'arché, impegnandosi nella sua descrizione: "Anassimene" -afferma dettagliatamente Ippolito(4)- "(...) disse che il principio è l'aria infinita e che da essa vengono le cose che si producono, quelle che si sono prodotte e quelle che si produrranno, gli dèi e le cose divine, mentre le altre cose vengono da ciò che è suo prodotto. L'aspetto dell'aria è questo: quand'è tutta uniforme, sfugge alla vista, mentre si mostra col freddo e il caldo, con l'umido e il movimento. E si muove sempre perché, se non si muovesse, tutto quel che si trasforma non si trasformerebbe. Condensata e rarefatta appare in forme differenti: quando si dilata fino ad essere molto leggera diventa fuoco, mentre poi condensandosi diviene vento: dall'aria si producono le nuvole per condensazione e se la condensazione cresce, l'acqua, se cresce ancora, la terra e all'ultimo grado le pietre. Sicché i contrari fondamentali per la generazione sono il caldo e il freddo."
Abbiamo già parlato di movimento in un articolo precedente, definendolo quasi come un discrimen greco tra possesso anima e mancanza di anima, ebbene, con Anassimene esso diventa qualcosa di eterno: se dall'aria tutto diviene, e se da essa nacquero gli dèi eterni, poiché la condensazione (che permette gli altrui natali) è trasformazione e movimento, allora quest'ultimo è eterno.
L'aria non è solo il principio del mondo: ne è anche l'anima.
Sempre a proposito dell'aria come generatrice degli dèi: "Anassimene (...) non negò né tacque degli dèi: tuttavia credeva non che l'aria fosse stata fatta dagli dèi, ma che gli dèi fossero nati dall'aria."(5)
Interessante, poi, è la testimonianza di Cicerone(6): "Anassimene stabilì che l'aria è dio, che è generata, immensa e infinita e sempre in movimento, quasi che o l'aria senza alcuna forma possa essere dio - il quale invece deve avere non dico una qualche forma, ma la più bella - o che non sia destinato alla morte tutto ciò che è nato."
Concludiamo questa prima parte dell'articolo, quella sulle speculazioni filosofiche di Anassimene, ricordando che il milese discepolo di Anassimandro condivide con i filosofi precedenti -e, fino ad un determinato periodo- una visione ilozoistica e panteistica della realtà, ed avviamoci pure verso l'epilogo di questo brevissimo "saggio", avvalendoci della preziosa testimonianza di Ippolito come indispensabile ed accurata fonte per comprendere le teorie metereologiche del filosofo.
"La terra è piatta e si sostiene sull'aria: così pure il sole e la luna e le altre stelle tutte, che sono di natura ignea, vengono sostenute dall'aria per la loro forma piatta.
Le stelle hanno origine dalla terra, a causa dell'umidità che da essa si leva e che, fattasi leggera, diventa fuoco e dal fuoco sollevato in alto si formano le stelle. Nella zona delle stelle ci sono anche corpi di natura terrosa trasportati insieme ad esse.
Dice pure che le stelle non si muovono sotto la terra, come altri ha supposto, ma intorno alla terra, al modo che il berretto si avvolge intorno al nostro capo. Il sole si cela ai nostri occhi non perché sta sotto la terra, ma perché è riparato dai luoghi della terra molto alti e perché la sua distanza da noi è molto grande. Le stelle non riscaldano a causa della grande distanza.
I venti si producono quando l'aria condensata è spinta in movimento: quando si comprime e si condensa ancor più si formano le nuvole e così si trasforma in acqua. Si produce la grandine quando l'acqua, scendendo giù dalle nuvole, si gela, la neve, invece, quando questa stessa acqua che si gela contiene una forte dose di umidità.
La folgore, quando le nuvole sono squarciate dalla violenza dei venti; squarciate queste, si forma un bagliore luminoso e infocato. L'iride, quando i raggi del sole cadono sull'aria condensata; il terremoto, quando la terra subisce una violenta alterazione in seguito a riscaldamento e a raffreddamento.
Questo è il pensiero di Anassimene. Egli fiorì nel primo anno della 58.a olimpiade [548-7]."(7)
Ovviamente, Ippolito non fu l'unico a parlare della scienza matereologica di Anassimene, e pertanto possiamo leggere, ad esempio, che "un tale esame dell'ombra per calcolare il tempo e la cosiddetta scienza gnomonica la scoprì Anassimene di Mileto, discepolo di quell'Anassimandro di cui abbiamo parlato, e fu lui che per primo mostrò a Sparta l'orologio che si chiama «scioterico»."(8); o, ancora, che "Anassimene dice che l'arcobaleno si produce quando i raggi del sole incontrano aria greve e spessa.
Allora la parte anteriore appare rosseggiante, perché è bruciata dai raggi del sole, l'altra nera, perché vi prevale l'umidità. Dice che anche di notte si forma l'arcobaleno per opera della luna, ma non di frequente, perché non c'è sempre il plenilunio e la luce della luna è più debole di quella del sole."(9); o ancora, che "Anassimene, Anassagora e Democrito dicono che il motivo della stabilità della terra è la sua forma piatta, perché essa non taglia l'aria sottostante ma la suggella a guisa di coperchio, come si vede che fanno i corpi di forma piatta, i quali sono difficilmente scossi dai venti per la resistenza che oppongono. La stessa cosa farebbe la terra di fronte all'aria sottostante per la sua piattezza e l'aria, non avendo spazio sufficiente per spostarsi, rimane ferma di sotto tutta raccolta, come l'acqua nelle clessidre."(10).
(1): F.Gr.Hist. 244 F 66 II 1039
(2): SIMPLIC. phys. 24, 26
(3): SIMPLIC. phys. 22, 9
(4): HIPPOL. ref. I 7 [Dox. 560]
(5): AUGUSTIN. de civ. D. VIII 2
(6): CICER. de nat. d. I 10, 26
(7): HIPPOL. ivi [Dox. 560]
(8): PLIN. nat. hist. II 187
(9): SCHOL. ARAT. 940 p. 515, 27 [da Posidonio]
(10): ARISTOT. de cael. B 13. 294 b 13
by Nox Cervi
"Come l'anima nostra, che è aria, ci sostiene, così il soffio e l'aria circondano il mondo intero."
(Anassimene)
Anassìmene di Mileto visse, come attestato da Apollodoro(1), all'epoca della presa di Sardi (588/587 a.C) e morì nella 63.a olimpiade (528/525 a.C.).
Presumibilmente, egli fu discepolo dello ionico Anassimandro -e non a caso con questi condivide elementi caratteristici come la ricerca dell'arché o la concezione di physis-, e, secondo alcuni, anche di Parmenide.
Sfortunatamente, però, del milese Anassimene abbiamo decisamente poche notizie, e significative sono, in merito, le opere di Ippolito.
Se il predecessore Anassimandro aveva sancito che l'arché dovesse essere necessariamente indefinito, affinché potesse generare tutte le qualità degli elementi propri alla physis, Anassimene gli muove contro un'obiezione in quanto, egli affermava, ciò che, come l'àpeiron, è privo di determinazioni, non può generare quello che è lo spettacolo cangiante e variopinto, per forme e caratteristiche, della realtà.
Dunque, con l'acmé di Anassimene l'arché cessa di essere individuato nell'ipotetico àpeiron anassimandreo e torna ad essere identificato in un elemento proprio alla physis: l'aria.
Principio al quale, tuttavia, egli attribuisce le medesime qualità, ad eccezione solo della determinabilità, dell'arché precedente.
Stando alla testimonianza di Simplicio(2): "anch'egli dice che una è la sostanza che fa da sostrato e infinita, come l'altro, ma non indeterminata come quello, bensì determinata - la chiama aria. L'aria differisce nelle sostanze per rarefazione e condensazione. Attenuandosi diventa fuoco, condensandosi vento, e poi nuvola, e, crescendo la condensazione, acqua e poi terra e poi pietre e il resto, poi, da queste. Anch'egli suppone eterno il movimento mediante il quale si ha la trasformazione."
A questo punto, però, sarà bene soffermarsi un momento su almeno una in particolare delle caratteristiche proprie all'àpeiron: l'infinità.
L'infinità dell'arché di Anassimene è un'infinità quantitativa o qualitativa? A questo interrogativo è nuovamente Simplicio a rispondere, affermando che "bisogna sapere che altro è l'infinito e il limitato quanto al numero, (...), altro l'infinito e il limitato in quanto a grandezza, il che ... conviene ad Anassimandro e ad Anassimene, i quali ammettono sì un unico elemento, ma infinito per grandezza."(3).
Ora, abbiamo visto, in un precedente articolo, che per Anassimandro le cose che sono esistono poiché prodotto di un processo di separazione dall'arché, e che per questo sono soggette ad una punizione "cosmica"; il discepolo Anassimene non avrà apportato drastiche modifiche sul piano qualitativo del principio primo, ma di certo stravolse il concetto ed il processo della generazione dall'arché, impegnandosi nella sua descrizione: "Anassimene" -afferma dettagliatamente Ippolito(4)- "(...) disse che il principio è l'aria infinita e che da essa vengono le cose che si producono, quelle che si sono prodotte e quelle che si produrranno, gli dèi e le cose divine, mentre le altre cose vengono da ciò che è suo prodotto. L'aspetto dell'aria è questo: quand'è tutta uniforme, sfugge alla vista, mentre si mostra col freddo e il caldo, con l'umido e il movimento. E si muove sempre perché, se non si muovesse, tutto quel che si trasforma non si trasformerebbe. Condensata e rarefatta appare in forme differenti: quando si dilata fino ad essere molto leggera diventa fuoco, mentre poi condensandosi diviene vento: dall'aria si producono le nuvole per condensazione e se la condensazione cresce, l'acqua, se cresce ancora, la terra e all'ultimo grado le pietre. Sicché i contrari fondamentali per la generazione sono il caldo e il freddo."
Abbiamo già parlato di movimento in un articolo precedente, definendolo quasi come un discrimen greco tra possesso anima e mancanza di anima, ebbene, con Anassimene esso diventa qualcosa di eterno: se dall'aria tutto diviene, e se da essa nacquero gli dèi eterni, poiché la condensazione (che permette gli altrui natali) è trasformazione e movimento, allora quest'ultimo è eterno.
L'aria non è solo il principio del mondo: ne è anche l'anima.
Sempre a proposito dell'aria come generatrice degli dèi: "Anassimene (...) non negò né tacque degli dèi: tuttavia credeva non che l'aria fosse stata fatta dagli dèi, ma che gli dèi fossero nati dall'aria."(5)
Interessante, poi, è la testimonianza di Cicerone(6): "Anassimene stabilì che l'aria è dio, che è generata, immensa e infinita e sempre in movimento, quasi che o l'aria senza alcuna forma possa essere dio - il quale invece deve avere non dico una qualche forma, ma la più bella - o che non sia destinato alla morte tutto ciò che è nato."
Concludiamo questa prima parte dell'articolo, quella sulle speculazioni filosofiche di Anassimene, ricordando che il milese discepolo di Anassimandro condivide con i filosofi precedenti -e, fino ad un determinato periodo- una visione ilozoistica e panteistica della realtà, ed avviamoci pure verso l'epilogo di questo brevissimo "saggio", avvalendoci della preziosa testimonianza di Ippolito come indispensabile ed accurata fonte per comprendere le teorie metereologiche del filosofo.
"La terra è piatta e si sostiene sull'aria: così pure il sole e la luna e le altre stelle tutte, che sono di natura ignea, vengono sostenute dall'aria per la loro forma piatta.
Le stelle hanno origine dalla terra, a causa dell'umidità che da essa si leva e che, fattasi leggera, diventa fuoco e dal fuoco sollevato in alto si formano le stelle. Nella zona delle stelle ci sono anche corpi di natura terrosa trasportati insieme ad esse.
Dice pure che le stelle non si muovono sotto la terra, come altri ha supposto, ma intorno alla terra, al modo che il berretto si avvolge intorno al nostro capo. Il sole si cela ai nostri occhi non perché sta sotto la terra, ma perché è riparato dai luoghi della terra molto alti e perché la sua distanza da noi è molto grande. Le stelle non riscaldano a causa della grande distanza.
I venti si producono quando l'aria condensata è spinta in movimento: quando si comprime e si condensa ancor più si formano le nuvole e così si trasforma in acqua. Si produce la grandine quando l'acqua, scendendo giù dalle nuvole, si gela, la neve, invece, quando questa stessa acqua che si gela contiene una forte dose di umidità.
La folgore, quando le nuvole sono squarciate dalla violenza dei venti; squarciate queste, si forma un bagliore luminoso e infocato. L'iride, quando i raggi del sole cadono sull'aria condensata; il terremoto, quando la terra subisce una violenta alterazione in seguito a riscaldamento e a raffreddamento.
Questo è il pensiero di Anassimene. Egli fiorì nel primo anno della 58.a olimpiade [548-7]."(7)
Ovviamente, Ippolito non fu l'unico a parlare della scienza matereologica di Anassimene, e pertanto possiamo leggere, ad esempio, che "un tale esame dell'ombra per calcolare il tempo e la cosiddetta scienza gnomonica la scoprì Anassimene di Mileto, discepolo di quell'Anassimandro di cui abbiamo parlato, e fu lui che per primo mostrò a Sparta l'orologio che si chiama «scioterico»."(8); o, ancora, che "Anassimene dice che l'arcobaleno si produce quando i raggi del sole incontrano aria greve e spessa.
Allora la parte anteriore appare rosseggiante, perché è bruciata dai raggi del sole, l'altra nera, perché vi prevale l'umidità. Dice che anche di notte si forma l'arcobaleno per opera della luna, ma non di frequente, perché non c'è sempre il plenilunio e la luce della luna è più debole di quella del sole."(9); o ancora, che "Anassimene, Anassagora e Democrito dicono che il motivo della stabilità della terra è la sua forma piatta, perché essa non taglia l'aria sottostante ma la suggella a guisa di coperchio, come si vede che fanno i corpi di forma piatta, i quali sono difficilmente scossi dai venti per la resistenza che oppongono. La stessa cosa farebbe la terra di fronte all'aria sottostante per la sua piattezza e l'aria, non avendo spazio sufficiente per spostarsi, rimane ferma di sotto tutta raccolta, come l'acqua nelle clessidre."(10).
(1): F.Gr.Hist. 244 F 66 II 1039
(2): SIMPLIC. phys. 24, 26
(3): SIMPLIC. phys. 22, 9
(4): HIPPOL. ref. I 7 [Dox. 560]
(5): AUGUSTIN. de civ. D. VIII 2
(6): CICER. de nat. d. I 10, 26
(7): HIPPOL. ivi [Dox. 560]
(8): PLIN. nat. hist. II 187
(9): SCHOL. ARAT. 940 p. 515, 27 [da Posidonio]
(10): ARISTOT. de cael. B 13. 294 b 13