Talete
Oct 30, 2014 15:58:50 GMT
Post by A. Rossi on Oct 30, 2014 15:58:50 GMT
TALETE
By Nox Cervi
“Talete di Mileto sicuramente fu il più insigne fra quei sette uomini ricordati per saggezza (infatti primo autore di geometria fra i Greci, sicuro indagatore della natura ed espertissimo osservatore degli astri) con piccole linee scoprì le cose più grandi: il corso delle stagioni, il soffio dei venti, il moto delle stelle, il prodigioso suono del tuono, il corso obliquo degli astri, i ritorni annuali del sole; parimenti l’aumento della luna nascente e la diminuzione della luna calante e gli ostacoli di quella che si eclissa.”
[Apuleio, Flor, 18, p. 37 (D.L. A 19)]
Fondatore della prima prima scuola di pensiero filosofico greca fu lo ionico Talete di Mileto, vissuto tra la fine del VII s. e la prima metà del VI s. a.C. (nato probabilmente nella 35° Olimpiade, dunque nel 640 a.C., e morto nel corso della 58°, tra il 548 e il 545 a.C.) nella Ionia, sulla costa meridionale dell’Asia Minore, contemporaneo di Creso e di Solone.
Ma Talete non fu solo un filosofo: come si evince, almeno in parte, dalla citazione sopra riportata di Apuleio, egli fu anche astronomo, fisico, uomo politico e matematico.
Come astronomo si dice che egli predisse l’eclissi solare del maggio 585 a.C. e che “per primo scoprì il passaggio del sole da solstizio a solstizio e ancora per primo (…) chiamò trentesimo l’ultimo giorno del mese”(1); come fisico scoprì le proprietà dei magneti; come politico spinse, stando alle testimonianze di Erodoto, gli Ionici a riunirsi in uno stato con capitale Teo; sempre Erodoto gli attribuisce la progettazione e la realizzazione di un canale per deviare un fiume (l’Halys) dal suo corso; come matematico Ieronimo afferma che misurò le piramidi a partire dalla loro ombra e, infine, dimostrò “che il diametro divide il cerchio a metà. Sempre all’antico Talete la scoperta di questo teorema in virtù di molte altre scoperte. Si dice infatti che per primo abbia posto e detto che in ogni triangolo isoscele gli angoli alla base sono uguali, e che li abbia definiti in maniera più arcaica ‘omòioi’ invece di ‘ìsoi’.”(2).
A Talete sono poi legati alcuni aneddoti e uno dei più celebri, così come anche buona parte della sua dottrina, lo dobbiamo ad Aristotele (nella Politica): si dice che egli, in previsione di un abbondante raccolto d’olive, prese in affitto tutti gli olivi della regione, per poi subaffittarli ad un prezzo decisamente più elevato agli stesso proprietari (notasi come questo aneddoto miri ad evidenziare la sua abilità d’uomo d’affari); un altro, invece, ci è stato tramandato da Platone: Talete, tutto preso ad osservare il cielo, cadde in un pozzo, attirandosi il motteggio di una servetta trace.
In ogni caso, Talete non ci ha lasciato scritti filosofici, e dobbiamo ad altri autori la conoscenza della sua filosofia fondamentale.
Come altri suoi contemporanei e successori, Talete di Mileto si interrogò sul dilemma di un principio (che poi Anassimandro, suo successore, chiamerà “arché”), una realtà, primario e sottostante, di cui tutto ciò che esiste è semplicemente momentanea manifestazione, e “Talete, l’iniziatore di questa filosofia, dice che esso è l’acqua e per questo sostiene che la terra sia sull’acqua, avendo desunto probabilmente questa convinzione dall’avere osservato che l’acqua è il nutrimento di tutte le cose e che anche il caldo si genera da questa e vive di essa (ciò da cui si trae origine è il principio di tutte le cose).” (3)
Sempre Aristotele, però, nella sua Metafisica (983b, 25) ci fa notare che questa credenza era già ben radicata nell’insieme delle credenze greche (già Omero, ad esempio, aveva cantato di come Oceano e Teti fossero principi della creazione), e che la vera novità introdotta da Talete fosse l’aver sostenuto il “galleggiare” della terra sull’acqua: per Talete, difatti, “l’acqua è principio non solo perché è il principio dell’umido, indispensabile nutrimento di tutte le forme viventi, ma anche perché risulta sostanza della terra nel senso etimologico del termine: sostanza, (dal lat. sub-stantia, dal gr. tò iupokeìmenon) è infatti ‘ciò che sta sotto’, ossia ‘ciò che sostiene’.” (4)
A tal proposito, cfr. Aristotele, De caelo, 294 a 28 (D.K. A 14): “Altri dicono invece che [la terra] poggia sull’acqua. Questa è la più antica teoria che ci è stata tramandata, che dicono, abbia enunciato Talete di Mileto per il fatto che galleggiando, rimane sull’acqua come un legno o qualche altra cosa simile.”
Talete, inoltre, condivideva con i suoi successori una visione panteistica (da “pan”, tutto, e “theòs” dio) e ilozoistica (da “hyle”, materia, e “zoé”, vita) della realtà che lo circondava: egli riteneva, difatti, che il divino fosse presente in ogni aspetto della physis, della natura, e che qualsivoglia elemento in essa presente sia dotato di animazione, di movimento e di sensibilità.
Come diceva Aezio: “per Talete la mente del mondo è il dio, e il tutto è animato e pieno di dei; e la potenza divina, diffondendosi nell’umido primordiale, lo mette in movimento.” (5)
“Questo frammento precisa in maniera abbastanza netta il rapporto fra il principio di Talete, l’acqua, e la divinità: il primo è il principio fisico; lo stesso però è frutto del dio che pone la realtà in tutta la sua complessità.” (6)
L’acqua, dunque, è sostanzialmente immagine della divinità: dire che tutto è pieno d’acqua equivale a dire che tutto è pieno di dèi, e viceversa.
Secondo alcuni, infine, come ci illustra Diogene Laerzio, Talete fu il primo ad affermare l’immortalità dell’anima, identificandola in una sorta di forza motrice priva di ogni forma di coscienza.
Inoltre, stando a quanto affermò Aezio, egli riteneva che l’anima avesse una natura perpetuamente in movimento.
Citando Aristotele: “Sembra anche che Talete abbia considerato l’anima principio motore, se ha detto che il magnete ha un’anima perché muove il ferro.” (7)
Notasi, in questa affermazione, la visione ilozoistica di Talete della realtà: il magnete è vivo, è dotato di anima, in quanto esso attrae il ferro, e dunque provoca movimento e, per la definizione comune dell’epoca, ciò che si muove è vivo.
Per Talete, infine, la giustizia è un elemento fondamentale della divinità, alla quale nessun ingiusto, pur compiendo il più benevolo degli atti, potrebbe scampare: la divinità, dunque, è giusta, ancor prima che buona. [cfr. Diog. Laer. (8)]
“Chiedendogli un adultero se potesse giurare di non aver commesso adulterio, disse: Lo spergiuro è peggiore dell’adultero. Richiesto su che cosa fosse più difficile, rispose: Conoscere se stesso; che cosa più facile: Dar consigli agli altri; la cosa più piacevole: rispose: riuscire; cosa fosse il divino: ciò che non ha né principio né fine…Come potremmo vivere nel modo migliore e più giusto: Se non facciamo agli altri le cose che noi stessi non facciamo. Chi è felice? Chi possiede un corpo sano, l’intelligenza pronta ed una natura ben educata…Non bisogna apparire belli ma sforzarsi di esserlo realmente con la propria condotta. Disse ancora: Non arricchire ingiustamente né mancare di parola a chi ha riposto fiducia in te. Il più antico degli esseri è il dio perché è ingenerato; il più bello il mondo: infatti è opera del dio.”(9)
(1): Diogene Laerzio, op. cit. I, 24 (D.K. A 1)
(2): Proclo, 157, 10 (D.K. A 20)
(3): Aristotele, Metaf. I, 3, 983b 20 (D.K. A 12)
(4): F. Guglielmotti, Il naturalismo presocratico, pp. 51, 52, nota 6
(5) Aezio, 1, 7, 11 (D.K. A 35)
(6): F. Guglielmotti, ivi, p. 54, nota 14
(7): Aristotele, De anima, A 5, 411 A 7 (D.K. A 22)
(8): “Uno gli chiese se potesse sfuggire al dio l’uomo che agisse ingiustamente; [Talete] disse: neppure se fosse ben disposto.” (op. cit. I, 35 sgg, D.K. A 1)
(9): Diogene Laerzio, op. cit. I, 35 (D.K. A 1)
[Citazioni contenute ne “Il naturalismo presocratico” a cura di F. Guglielmotti.]
By Nox Cervi
“Talete di Mileto sicuramente fu il più insigne fra quei sette uomini ricordati per saggezza (infatti primo autore di geometria fra i Greci, sicuro indagatore della natura ed espertissimo osservatore degli astri) con piccole linee scoprì le cose più grandi: il corso delle stagioni, il soffio dei venti, il moto delle stelle, il prodigioso suono del tuono, il corso obliquo degli astri, i ritorni annuali del sole; parimenti l’aumento della luna nascente e la diminuzione della luna calante e gli ostacoli di quella che si eclissa.”
[Apuleio, Flor, 18, p. 37 (D.L. A 19)]
Fondatore della prima prima scuola di pensiero filosofico greca fu lo ionico Talete di Mileto, vissuto tra la fine del VII s. e la prima metà del VI s. a.C. (nato probabilmente nella 35° Olimpiade, dunque nel 640 a.C., e morto nel corso della 58°, tra il 548 e il 545 a.C.) nella Ionia, sulla costa meridionale dell’Asia Minore, contemporaneo di Creso e di Solone.
Ma Talete non fu solo un filosofo: come si evince, almeno in parte, dalla citazione sopra riportata di Apuleio, egli fu anche astronomo, fisico, uomo politico e matematico.
Come astronomo si dice che egli predisse l’eclissi solare del maggio 585 a.C. e che “per primo scoprì il passaggio del sole da solstizio a solstizio e ancora per primo (…) chiamò trentesimo l’ultimo giorno del mese”(1); come fisico scoprì le proprietà dei magneti; come politico spinse, stando alle testimonianze di Erodoto, gli Ionici a riunirsi in uno stato con capitale Teo; sempre Erodoto gli attribuisce la progettazione e la realizzazione di un canale per deviare un fiume (l’Halys) dal suo corso; come matematico Ieronimo afferma che misurò le piramidi a partire dalla loro ombra e, infine, dimostrò “che il diametro divide il cerchio a metà. Sempre all’antico Talete la scoperta di questo teorema in virtù di molte altre scoperte. Si dice infatti che per primo abbia posto e detto che in ogni triangolo isoscele gli angoli alla base sono uguali, e che li abbia definiti in maniera più arcaica ‘omòioi’ invece di ‘ìsoi’.”(2).
A Talete sono poi legati alcuni aneddoti e uno dei più celebri, così come anche buona parte della sua dottrina, lo dobbiamo ad Aristotele (nella Politica): si dice che egli, in previsione di un abbondante raccolto d’olive, prese in affitto tutti gli olivi della regione, per poi subaffittarli ad un prezzo decisamente più elevato agli stesso proprietari (notasi come questo aneddoto miri ad evidenziare la sua abilità d’uomo d’affari); un altro, invece, ci è stato tramandato da Platone: Talete, tutto preso ad osservare il cielo, cadde in un pozzo, attirandosi il motteggio di una servetta trace.
In ogni caso, Talete non ci ha lasciato scritti filosofici, e dobbiamo ad altri autori la conoscenza della sua filosofia fondamentale.
Come altri suoi contemporanei e successori, Talete di Mileto si interrogò sul dilemma di un principio (che poi Anassimandro, suo successore, chiamerà “arché”), una realtà, primario e sottostante, di cui tutto ciò che esiste è semplicemente momentanea manifestazione, e “Talete, l’iniziatore di questa filosofia, dice che esso è l’acqua e per questo sostiene che la terra sia sull’acqua, avendo desunto probabilmente questa convinzione dall’avere osservato che l’acqua è il nutrimento di tutte le cose e che anche il caldo si genera da questa e vive di essa (ciò da cui si trae origine è il principio di tutte le cose).” (3)
Sempre Aristotele, però, nella sua Metafisica (983b, 25) ci fa notare che questa credenza era già ben radicata nell’insieme delle credenze greche (già Omero, ad esempio, aveva cantato di come Oceano e Teti fossero principi della creazione), e che la vera novità introdotta da Talete fosse l’aver sostenuto il “galleggiare” della terra sull’acqua: per Talete, difatti, “l’acqua è principio non solo perché è il principio dell’umido, indispensabile nutrimento di tutte le forme viventi, ma anche perché risulta sostanza della terra nel senso etimologico del termine: sostanza, (dal lat. sub-stantia, dal gr. tò iupokeìmenon) è infatti ‘ciò che sta sotto’, ossia ‘ciò che sostiene’.” (4)
A tal proposito, cfr. Aristotele, De caelo, 294 a 28 (D.K. A 14): “Altri dicono invece che [la terra] poggia sull’acqua. Questa è la più antica teoria che ci è stata tramandata, che dicono, abbia enunciato Talete di Mileto per il fatto che galleggiando, rimane sull’acqua come un legno o qualche altra cosa simile.”
Talete, inoltre, condivideva con i suoi successori una visione panteistica (da “pan”, tutto, e “theòs” dio) e ilozoistica (da “hyle”, materia, e “zoé”, vita) della realtà che lo circondava: egli riteneva, difatti, che il divino fosse presente in ogni aspetto della physis, della natura, e che qualsivoglia elemento in essa presente sia dotato di animazione, di movimento e di sensibilità.
Come diceva Aezio: “per Talete la mente del mondo è il dio, e il tutto è animato e pieno di dei; e la potenza divina, diffondendosi nell’umido primordiale, lo mette in movimento.” (5)
“Questo frammento precisa in maniera abbastanza netta il rapporto fra il principio di Talete, l’acqua, e la divinità: il primo è il principio fisico; lo stesso però è frutto del dio che pone la realtà in tutta la sua complessità.” (6)
L’acqua, dunque, è sostanzialmente immagine della divinità: dire che tutto è pieno d’acqua equivale a dire che tutto è pieno di dèi, e viceversa.
Secondo alcuni, infine, come ci illustra Diogene Laerzio, Talete fu il primo ad affermare l’immortalità dell’anima, identificandola in una sorta di forza motrice priva di ogni forma di coscienza.
Inoltre, stando a quanto affermò Aezio, egli riteneva che l’anima avesse una natura perpetuamente in movimento.
Citando Aristotele: “Sembra anche che Talete abbia considerato l’anima principio motore, se ha detto che il magnete ha un’anima perché muove il ferro.” (7)
Notasi, in questa affermazione, la visione ilozoistica di Talete della realtà: il magnete è vivo, è dotato di anima, in quanto esso attrae il ferro, e dunque provoca movimento e, per la definizione comune dell’epoca, ciò che si muove è vivo.
Per Talete, infine, la giustizia è un elemento fondamentale della divinità, alla quale nessun ingiusto, pur compiendo il più benevolo degli atti, potrebbe scampare: la divinità, dunque, è giusta, ancor prima che buona. [cfr. Diog. Laer. (8)]
“Chiedendogli un adultero se potesse giurare di non aver commesso adulterio, disse: Lo spergiuro è peggiore dell’adultero. Richiesto su che cosa fosse più difficile, rispose: Conoscere se stesso; che cosa più facile: Dar consigli agli altri; la cosa più piacevole: rispose: riuscire; cosa fosse il divino: ciò che non ha né principio né fine…Come potremmo vivere nel modo migliore e più giusto: Se non facciamo agli altri le cose che noi stessi non facciamo. Chi è felice? Chi possiede un corpo sano, l’intelligenza pronta ed una natura ben educata…Non bisogna apparire belli ma sforzarsi di esserlo realmente con la propria condotta. Disse ancora: Non arricchire ingiustamente né mancare di parola a chi ha riposto fiducia in te. Il più antico degli esseri è il dio perché è ingenerato; il più bello il mondo: infatti è opera del dio.”(9)
(1): Diogene Laerzio, op. cit. I, 24 (D.K. A 1)
(2): Proclo, 157, 10 (D.K. A 20)
(3): Aristotele, Metaf. I, 3, 983b 20 (D.K. A 12)
(4): F. Guglielmotti, Il naturalismo presocratico, pp. 51, 52, nota 6
(5) Aezio, 1, 7, 11 (D.K. A 35)
(6): F. Guglielmotti, ivi, p. 54, nota 14
(7): Aristotele, De anima, A 5, 411 A 7 (D.K. A 22)
(8): “Uno gli chiese se potesse sfuggire al dio l’uomo che agisse ingiustamente; [Talete] disse: neppure se fosse ben disposto.” (op. cit. I, 35 sgg, D.K. A 1)
(9): Diogene Laerzio, op. cit. I, 35 (D.K. A 1)
[Citazioni contenute ne “Il naturalismo presocratico” a cura di F. Guglielmotti.]